(Dal Quotidiano del 14 febbraio 2009)
"Ho letto l´intervento del signor Attanasio che fa esplicito riferimento ai miei recenti commenti sui flop di Calabria Palcoscenico, rispetto ai quali ci sarebbe poco da aggiungere anche da parte di chi, evidentemente di parte o per esserci abituato, sente il dovere di difenderli. Pur ringraziandolo per le parole di stima, riscontro una notevole confusione in quello che leggo, tra le ragioni degli equivoci persistenti sui significati di cultura ed offerta culturale.
Penso che sulla differenza tra un successo ed un flop non sia il caso di rimandare ai vocabolari per maggiori approfondimenti. Come poco c´è da aggiungere sul significato politico di spreco di milioni di euro di danaro pubblico, concetto molto chiaro innanzitutto alla gente e, sono certo, anche a chi ne beneficia.
Sono anch´io convinto che un albo degli operatori culturali possa essere, se basato su criteri certi e non soggettivi, un utile strumento di riferimento anche per la politica, ma ritengo che il primo dei criteri oggettivi sia quello della quantità e qualità del lavoro prodotto negli anni e non l´autoreferenzialità pseudointellettualoide. Non a caso sono stato tra i fondatori dell´Associazione Italiana degli Organizzatori e Produttori di Spettacoli dal Vivo, eletto due volte dirigente nazionale, in prima linea da oltre vent´anni per la crescita e la professionalizzazione di tutto il settore.
In questi anni ho potuto rilevare che, come nella salute esistono i "malati immaginari", nello spettacolo culturale dal vivo esistono i "colti, sapienti e facenti cultura immaginari". Una cosa è essere autori, e lo sono anch´io con regolare iscrizione Siae e moltissimi libri venduti, altra cosa è creare e produrre eventi culturali capaci di arrivare alla gente intercettando i maggiori fenomeni dell´attualità dei vari generi, con connessioni di aggregazione, immagine, promozione, scopi sociali e quant´altro. Chi è capace di intraprendere tutto l´anno, senza utilizzare in modo sistematico danaro pubblico, è evidente che debba ricorrere ai biglietti e non a rapine a furgoni postali per pagare i costi, elevatissimi peraltro delle maggiori produzioni di eventi veri. Guarda caso, però, anche con biglietti non del tutto economici i nostri teatri o palasport sono quasi sempre strapieni, mentre per gli eventi di Calabria Palcoscenico con biglietti anche ad euro 3.00 (tre) erano stravuoti (leggasi con un pagante). C´è gente in questo settore che ha una storia chiara e che, albo o non albo, è facilmente individuabile da tutti, anche da chi si diletta a navigare in un motore di ricerca. Ci sono altri, purtroppo per loro, la cui produzione appassiona soltanto i fantasmi dei palcoscenici o resta nel pensatoio della propria doccia, dove il senso di rilassatezza induce tutti a sognarsi quello che non sono. Il politico che indirizza l´offerta culturale dovrebbe evitare di sprecare milioni di euro per shampoo e docciaschiuma al profumo di dotto."
Ruggero Pegna
(Intervento del 31 gennaio 2009)
?E? strano apprendere dai giornali che l? Assessore regionale alla Cultura convochi un incontro a Lamezia con un numero piuttosto folto di veri e presunti operatori culturali della nostra regione, ignorando completamente i maggiori operatori calabresi di questo settore, riconosciuti a livello nazionale. Si rinnova per lui l?evidente errore culturale e di mentalità di ritenere che la cultura da portare al pubblico sia solo quella legata ad alcuni generi ed operatori, abituati a vivere sul carrozzone pubblico, piuttosto che a chi da decenni sta sul vero campo di battaglia con grandi e continui successi innanzitutto di pubblico. Peraltro trovo che si confonda anche il significato di offerta culturale con il dovere di istruire, che è un altro discorso. Questi equivoci e pregiudizi, oltre che risultare anacronistici e gravemente discriminanti, non rispondono alle vere logiche di un?offerta culturale attuale e variegata come quella di cui fa domanda anche il pubblico calabrese. Questa concezione della cultura settaria e snobistica è peraltro la peggiore delle interpretazioni del significato stesso di cultura, oggi esteso innanzitutto alla capacità di aggregare e di essere popolare, senza le quali l? offerta culturale perde di significato reale. Non voler dialogare con quegli operatori che hanno il merito di aver progettato in Calabria migliaia di grandi eventi culturali con personaggi come Carreras, Rostropovich, Joaquin Cortes, Noa, Elton John, Paolo Conte, Fabrizio De Andrè o spettacoli come Notre Dame de Paris, Momix, la Divina Commedia, a proprio rischio, riempiendo teatri, stadi e palasport con record di spettatori, è veramente il contrario del fare cultura. Anzi appartiene alla cultura del distruggere quel poco che eccelle, cultura che in Calabria è veramente l?unica dominante in tutti i settori. Non confrontarsi e dialogare con chi progetta e realizza eventi culturali veri, a volte anche televisivi e con scopi di solidarietà, è voler negare che questi abbiano significati culturali certamente maggiori di quelli effettuati a teatri vuoti e con milioni di euro di danaro pubblico. E? strano che l?Assessore non sappia che molte stagioni teatrali ufficiali siano piene di spettacoli proposti da questi operatori da lui ignorati, evidentemente però capaci di intercettare attualità, originalità, qualità e grande spessore anche culturale e sociale. Attività svolta quasi del tutto a proprio rischio. Ma questo loro coraggioso intraprendere, paradossalmente, invece di costituire nota di merito, finisce per bollarli come imprenditori, termine usato in modo dispregiativo ed offensivo da chi è rimasto fermo ad un?altra epoca storica e vede in loro un nemico per le loro logiche ed ideologie meramente assistenzialistiche e clientelari. Essere imprenditori, cioè capaci di produrre anche in modo autonomo, semmai dovrebbe essere motivo di ulteriore e particolare stima ed apprezzamento in una regione abituata al parassitismo o al non fare. Trovo culturalmente necessario denunciare questo grave atteggiamento fino a quando la politica culturale regionale non riconoscerà l?esistenza in Calabria di un? industria culturale capace di nascere, esistere e difficilmente sopravvivere, garantendo da decenni alla regione i maggiori veri eventi attesi dalla gente in contemporanea con le maggiori città italiane e del mondo. Un?industria culturale che ha saputo consolidarsi creando anche occupazione e figure professionali stimate a livello nazionale, da autori a tecnici da comunicatori a fornitori di strutture. Un?industria culturale che merita rispetto e sostegno come avviene per ogni attività produttiva d?eccellenza. Se, come dice qualcuno, il sold out di un teatro da cento posti come l?Umberto di Lamezia non può essere un obiettivo quando si spendono duemilioni di euro di danaro pubblico, è certamente solo out chi si dichiara soddisfatto con un solo spettatore!?
Ruggero Pegna
(Intervento del 13 gennaio 2009)
Il discorso dell? offerta culturale in Calabria merita un?attenta analisi ed un ragionamento, non reazioni isteriche che eludono la sostanza del dibattito per spostare tutto sul piano delle offese.
Cos?è un evento culturale, oggi meritevole di duemilioni di euro di danaro pubblico in una regione come la Calabria? Innanzitutto, a mio parere, deve essere un evento capace di arrivare alla gente, producendo il suo interesse che, necessariamente, deve tradursi in presenze significative di spettatori. Come si può affermare di fare cultura utilizzando duemilioni di euro per gli spettacoli di ?Calabria Palcoscenico? se i teatri sono rimasti vuoti e nessuno ne ha saputo nulla? Se non c?è pubblico sugli spalti, la cultura a chi viene offerta, ai fantasmi del palcoscenico?
Basterebbe questa considerazione di pura analisi costi-benefici ai limiti del paradosso per rendersi conto del clamoroso flop dell?operazione, da autentico scandalo vista l?entità della spesa, tra l?altro non motivata dalla qualità degli eventi. Se il concerto della Anderson era il fiore all?occhiello, per concerti come quelli di Sting, Santana, Elton John in mondovisione da Reggio, avrebbero speso almeno trentamilioni di euro? Chi conosce i costi di questo settore non può che rimanere allibito da numeri stratosferici in rapporto, innanzitutto, ai costi reali, ai valori di mercato ed al risultato.
Se duemilioni di euro di danaro pubblico producono in tutto meno di duecento spettatori, con picchi storici di un pagante al Teatro Politeama di Catanzaro mentre, ad esempio, la ?Divina Commedia? di Dante al palasport di Reggio fa quindicimila paganti in quattro giorni con solo trentamila euro di danaro pubblico peraltro comunale, a fronte di circa quattrocentomila euro di costi bilanciati da biglietti, significa che una struttura organizzativa professionale sa produrre cultura migliaia di volte meglio di improvvisati carrozzoni pubblici o di finte associazioni onlus. E ciò sia in termini di risultati che di capacità di gestire al meglio minimi contributi pubblici, evitando che vengano dilapidati clamorosi importi in modo ingiustificato. Se un privato è capace di realizzare un evento da cinquecentomila euro a biglietti, con al massimo la metà del costo di contributo pubblico, perché spenderne il doppio, magari utilizzando decine di consulenti improvvisati? L´azienda professionale è, così, anche stimolata a lavorare nel modo migliore per produrre interesse e spettatori. Risultato? Risparmio di soldi pubblici, eventi veri, grande comunicazione. E? evidente che il mio sia un discorso di parte, come è naturale che sia quello di chiunque difenda una qualsiasi categoria a cui appartiene, perchè solo chi conosce le dinamiche di un settore deve e può esprimere il suo parere con cognizione di causa.
Assodato che un evento, se non ha pubblico ed è ignorato dalla gente, non è un bel nulla, altri argomenti da affrontare sono quelli del genere della proposta culturale, della ragione giuridica del proponente e della capienza delle strutture. I dati ufficiali della Siae dicono che il teatro di prosa è in clamoroso calo di presenze, mentre tutto il comparto dello spettacolo è tenuto in piedi dallo spettacolo popolare, a cominciare dalla musica d?autore. Se questo dice la gente, un assessorato regionale alla cultura non può fare discriminazioni di genere, ma deve saper sostenere tutto il comparto, innanzitutto potenziando i progetti di quei soggetti che fanno il mestiere di produrre cultura. E qui, nasce la domanda più imbarazzante. Chi è legittimato a produrre cultura? A mio parere, ma non soltanto mio, qualsiasi soggetto innanzitutto giuridicamente inquadrato in una qualsiasi delle forme previste dalle nostre normative e, soprattutto, realmente capace di produrne attraverso progetti che rispondano a tutti i molteplici requisiti necessari, dalla qualità all?attualità, dagli allestimenti all?originalità, dall?abilità nella comunicazione alle strategie di promozione, creando possibilmente eventi capaci di storicizzarsi e collocarsi nella rosa delle maggiori manifestazioni nazionali, anche con ricaduta di immagine e promozione a favore di tutta la regione.
Se ciò riesce a farlo bene un autore-produttore, che agendo in modo giuridicamente corretto ha dovuto mettere su una regolare azienda con dipendenti e quant?altro, perché in tal caso gli intellettualoidi bollano tale operatore come ?commerciante?? Se un operatore con la sua struttura ed a suo rischio produce di più e meglio, utilizzando meccanismi misti di copertura finanziaria per mezzo di biglietti, sponsor e contributi, riducendo le spese ed accollandosi buona parte degli oneri, perché invece di essere sostenuto viene discriminato?
Se anche su esplicita commessa di un Ente, tale operatore professionale è capace di realizzare un miglior progetto anche dal punto di vista artistico e culturale, ottimizzando al meglio le risorse pubbliche ed assicurando il rispetto dei criteri ed il raggiungimento del successo, perché si devono dilapidare milioni di euro senza alcun risultato, affidandosi ad uomini utili solo agli incomprensibili meccanismi della politica?
Una osservazione importante. Quando un operatore, cosiddetto privato quasi a denigrarlo, chiede contributo non è mai perchè teme che il teatro resti vuoto con l´evento che propone, ma perchè con il tutto esaurito delle capienze delle strutture calabresi spesso non si bilanciano i costi. Tradotto in modo chiaro: i privati organizzano i veri grandi eventi per cui c´è una super domanda di pubblico addirittura, spesso, senza totale disponibilità di essere soddisfatta. Lo dimostrano i dati e la storia dello spettacolo di questa regione, che qualcuno fa finta di ignorare, malgrado nelle università molti studenti ci scrivano tesi e ricerche.
Concludo con una riflessione. La politica culturale in Calabria si deve svecchiare e liberare da snobismi preconcetti anacronistici e da logiche di spreco e clientela. Oggi bisogna sostenere chiunque, legalmente inquadrato, dimostri capacità progettuale e produttiva, indipendentemente se sia costituito sotto forma di ditta, società, associazione, cooperativa o qualsivoglia veste. La politica deve avere un ruolo di indirizzo, sostegno e promozione, non deve porsi in termini antagonistici, sostituendosi a chi ha scelto per vocazione, interesse e passione di occuparsi di cultura e spettacolo. Anzi deve premiare soprattutto chi riesce a farlo continuativamente anche pagando i teatri, la pubblicità e quant?altro, producendo cultura insieme ad occupazione, due fattori di cui la Calabria ha reale bisogno. Un assessorato regionale non può sostituirsi a chi intraprende, improvvisandosi domani anche produttore di tonno in scatola, vino o caramelle di liquirizia, giusto per citare tre prodotti che alcuni calabresi sanno fare decisamente bene.
Ruggero Pegna
(Intervento del 10 gennaio 2009)
"E´ stato confermato che per Calabria Palcoscenico, oltre al milione di euro circa della Regione Calabria, egual importo è stato aggiunto anche dal Ministero dei Beni Culturali. Milioni di euro spesi per eventi ignorati dal pubblico, i cui reali costi, tra l´altro, sono esageratamente di gran lunga inferiori alle somme spese, costituisce fatto di enorme ed inaudita gravità. Basti dire che gli eventi di Calabria Palcoscenico, per i quali addirittura era anche previsto un biglietto a pagamento di poche euro ed è stato chiesto ai comuni ospitanti il pagamento ulteriore di alcuni servizi locali, hanno fatto registrare il record negativo più eclatante della storia dello spettacolo in Italia. Ben tre eventi su quattro al Teatro Politeama di Catanzaro hanno avuto un solo spettatore pagante, leggasi uno ed una settantina di biglietti omaggio. A Lamezia tre spettacoli su quattro, in un teatrino da cento posti, non hanno superato la media dei venti paganti. A Crotone il teatro era vuoto, disertato anche dagli invitati. Il concerto della Anderson al Politeama di Catanzaro, fiore all´occhiello della rassegna, ha fatto registrare settantuno paganti e trecento omaggio, dei quali si sono presentati in teatro meno della metà, a conferma della totale disattualità del concerto. Qualsiasi ulteriore commento è superfluo, in una regione dove chi propone i principali eventi culturali e di spettacolo a suo rischio, non ha ricevuto e non riceve alcun sostegno da questo assessorato regionale alla cultura capace di dilapidare in questo modo milioni di euro! Basta dire che l´ Opera musicale "La Divina Commedia" di Dante, musicata da Monsignor Marco Frisina, la principale operazione culturale dell´anno che ha fatto registrare ben quindicimila spettatori paganti a Reggio Calabria, tra cui la metà studenti, ha avuto accordati appena quindicimila euro, ancora non pagati!
Un discorso uguale merita il cosiddetto Calabria Film Fest, evento di pura mondanità, senza alcun significato artistico ed interesse per il pubblico calabrese, aperto a pochi invitati alle cene di gala, per il qaule si spendono cifre inimmaginabili ed ingiustificate!"
Ruggero Pegna
(Intervento iniziale del novembre 2008 su "Calabria Palcoscenico 2008", il programma di spettacoli dell´ Assessorato alla Cultura della Regione Calabria)
"E´ certamente positiva ogni iniziativa che promuova la cultura in Calabria. Non mi sorprende, peraltro, che l´Assessorato regionale alla Cultura, evidentemente a ciò preposto, si muova in questa direzione. Trovo discutibile, però, che questo accada, come spesso fa la politica, con arroganza e mancanza di rispetto verso tutti quegli operatori che, a proprio rischio e con grandi sacrifici, da decine di anni promuovono la cultura in questa regione, nella totale indifferenza proprio di questo assessorato, che si è spesso trincerato dietro la giustificazione della mancanza di fondi. Assessorato capace oggi di spendere diversi milioni di euro in pochi anni, di cui ben duemilioni di euro solo quest´anno tra Magna Grecia Teatro ed ora Calabria Palcoscenico, senza il giusto coinvolgimento di tutti i soggetti che hanno il merito storico di aver fatto della cultura l´obiettivo del loro difficile intraprendere in questa regione. Questo modo di operare al di sopra dei calabresi, con decisioni che impoveriscono ancora di più questa terra, mortificano e vanificano gli sforzi di chi, senza l´aiuto di nessuno a partire dagli anni ´80, anni in cui la politica stava a guardare e si preoccupava solo di biglietti omaggio, ha creato imprese che producono oltre che cultura, solidarietà, immagine, promozione, divertimento ed occupazione tutta calabrese. Aziende affidabili e credibili che si sono guadagnate la stima di tutto il settore ed hanno fatto crescere la Calabria come non è accaduto in nessun altro ambito della vita regionale. Se da oltre vent´anni la cultura e gli spettacoli, quelli di elevatissima qualità, arrivano in Calabria in contemporanea con le maggiori realtà italiane ed internazionali, il merito non è della politica, ma di quei calabresi che si sono fatti carico di immani sacrifici, sistematicamente esclusi da ogni scelta che, invece, dovrebbe oggi premiare il loro coraggio e il loro spirito pioneristico. Ancora una volta la politica regionale, oltre alle altrettanto a dir poco discutibili modalità organizzative ed al facilmente contestabile rapporto qualità/prezzo degli investimenti, ha dimostrato di non volersi far carico del principale ruolo ad essa affidato, ovvero di valorizzare e sostenere quei calabresi e le loro aziende capaci di produrre anche senza le risorse pubbliche, affidandosi alle solite e corrose logiche che, piuttosto, indeboliscono chi andrebbe rafforzato. Non è possibile che una scorretta interpretazione del ruolo e dei compiti della politica si trasformi sistematicamente in beffa anche per un settore fiore all´occhiello di una regione ultima in tutto. Chi ha combattuto per una nuova mentalità e la cultura in Calabria tra mille tragiche esperienze, con ingenti perdite e battaglie di tutti i tipi, non può assistere indifferente ai modi di una politica che utilizza milioni di euro dei calabresi in modo incomprensibile, come è stato ad esempio per alcune recenti campagne d´immagine, ignorando ed avvilendo chi ha fatto e continua a far grande la Calabria con progetti di altissima qualità, spessore e comunicazione".
Ruggero Pegna