In questo spazio sono riportati pezzi o interventi di Ruggero Pegna pubblicati da varie testate (Da "Non solo graffi" di "Calabria7" a fine 2006 è stato tratto il libro "La Pecora è pazza... Un anno da Arcore a Locri", pubblicato da Calabria Letteraria Editrice di Rubbettino).
La fiaba di Mimmo u' Curdu (da Calabria Magazine - maggio 2019)
La vicenda di Mimmo Lucano, se non fosse realtà, sarebbe il copione per una bella commedia all’italiana, magari con Sordi nel suo ruolo e la musichetta del mitico film del dottor Tersilli per colonna sonora. A dire il vero, fino allo scorso ottobre aveva i connotati di una fiaba, tra mito e realtà! Cominciamo dall’inizio… C’era una volta, in un’area della Calabria piena di paesini più o meno abbandonati (innanzitutto dallo Stato), noti alle cronache soprattutto per storie stile “Anime Nere” con tanto di morti ammazzati, lupare bianche e perfino testimoni di giustizia dati alle fiamme o sciolti nell’acido, un borgo dimenticato in cui uomini di tutte le razze vivevano felici e contenti. Un luogo dove migliaia di anni fa due guerrieri tentarono di approdare richiamati dalla politica d’accoglienza di un antenato di Lucano, tal Servio Mimmus Lucanus (tribuno della plebe) che, già a quei tempi, voleva farne una specie di capitale del Mediterraneo. Secondo la leggenda, il suo progetto andò in fumo per via della maga Lega, nipote della più celebre Circe, che trasformava in bronzi tutti coloro che volevano raggiungere la costa calabra! Da padre in figlio, il racconto è arrivato all’ultimo rampollo detto Mimmo u’ Curdu che, affascinato dal naufragio di un gruppo di migranti proprio sulla spiaggia dell’odierna Riace, ha deciso di riprendere l’antico progetto! “Li ha portati il vento!”, ha gridato felice come un orso Yoghi, Mimmo u’Curdu, corso a soccorrerli. E, da quel momento, gli è presa una vera fissazione! “Sono Mimmo, amici migranti di ogni razza e colore, vi aspetto tutti a Riace (Italy), si mangia e beve e si fa pure all’amore!”, ha cominciato a scrivere su centinaia di pizzini che, con cura, ha infilato in bottiglie raccolte giorno e notte nei rifiuti di tutta la Calabria. Poi, dopo aver atteso il vento giusto, le ha lanciate tutte in mare e si è seduto su uno scoglio ad attendere fiducioso. A Riace, comprensibilmente, iniziarono a prenderlo per pazzo; invece, dopo un po’ di settimane, cominciarono a sbarcare centinaia di migranti tutti con la bottiglia in mano! “Mimmu, cercare Mimmu u’Curdu, invitato tutti qui, nduja e vinu bonu!”, ripetevano i migranti. “Sono io, sono io, venite!”. Felice come un bambino, cominciò ad accoglierli personalmente, colorando quel luogo di gente di ogni parte del mondo. Nacquero botteghe artigiane, si ripopolarono case abbandonate, uomini e donne presero ad amarsi e a vivere felici, come non accadeva da tempo, suonando, cantando e c’è chi dice pure volando, come in un film della Disney. Tutto sembrava talmente straordinario da non essere vero. Uno dietro l’altro arrivarono da ogni parte del mondo, giornalisti, registi, artisti, turisti. La stampa internazionale, finalmente, parlava di Riace e della Calabria come di un luogo magico e incantato, una sorta di Paese delle Meraviglie. Al Principe Oscuro, però, questa storia non piacque. “Chi è il più amato del Reame?”, chiese un giorno il Principe Oscuro al suo specchio. “Principe, fino a ieri eri tu, ma oggi c’è un uomo che è più amato di te, Mimmo u’Curdu!”. Per sintesi, qui finisce la fiaba e inizia la commedia! Lo scorso ottobre, improvvisamente, il matto che aveva fatto di Riace un modello internazionale di accoglienza, finisce agli arresti domiciliari; secondo le accuse, per illeciti nell'affidamento della raccolta differenziata e per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La notizia fa il giro del mondo. A Riace diventano tutti neri dalla rabbia, mescolandosi in modo irreversibile! In Italia, esultano in tanti: “Finalmente quel delinquente in galera!”. Gli eredi della maga Circe bevono tutta la notte, ballando sulle note di Pata Pata di Miriam Makeba, con DjCapitano alla consolle che lancia i cori: “E Lucano se ne va…E Lucano se ne va”. E’ un tripudio. Appena qualche mese dopo, però, la Corte Suprema di Cassazione rimanda le accuse al mittente e smantella l'intero impianto accusatorio, non rilevando alcuna fattispecie di reato o lucro personale. In particolare, per l’accusa d'aver celebrato matrimoni di comodo per aiutare migranti a restare in Italia, la Cassazione chiarisce che, in realtà, si era trattato del solo caso che ha riguardato proprio lui stesso e la sua compagna Lemlem Teshfaun. Le argomentazioni della Cassazione sembravano volte a un cambio di direzione di tutta la commedia, invece, mentre Mimmo u’Curdu faceva rientro a piedi a Riace salutando come un Papa seguito da tutta la fanfara degli immigrati, la Procura di Locri lo ha atteso alle porte del paese per rimandarlo nuovamente indietro. “E no, non si fa così, stiamo camminando da quindici giorni!”, ha sbottato Mimmo u’Curdu con la lingua al ginocchio. Nel mirino, ancora una volta, c’è l’utilizzo dei fondi per l’accoglienza. In particolare, a Lucano si contesta “di aver predisposto una falsa attestazione in cui si dichiarava che le strutture per ospitare i migranti erano conformi alle normative in materia di idoneità abitativa; laddove così non era, essendo quegli appartamenti privi di collaudo statico e certificato di abitabilità, per come richiesto dal manuale operativo Sprar e dalle convenzioni stipulate tra il Comune di Riace e la Prefettura di Reggio Calabria”. Avete letto bene, in una regione con il 46,6% di edilizia illegale, cioè una casa su due abusiva, a Lucano è stato contestato che le abitazioni in cui sono stati accolti i migranti, altrove costretti a vivere sotto cartoni, non avevano tutti i certificati in regola! Morale della favola, anzi della commedia: nella Regione della ‘ndrangheta, in una delle aree a maggior densità criminale, dove il malaffare è spesso protetto da politica, banche e stessi settori dello Stato, finalmente viene trovato l’uomo nero, responsabile dei seguenti vili reati: 1) favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso matrimoni di convenienza, per il reato di essersi sposato una migrante; 2) illecito affidamento della raccolta differenziata, per averla assegnata a due immigrati e due asini, visto peraltro che solo asini possono camminare per le vie di Riace a raccogliere i rifiuti; 3) inidoneità delle strutture di accoglienza poiché, come tutti sanno, avrebbe potuto ospitarli nello sfarzoso Hotel Hilton Riace, nel moderno grattacielo Trumph sul lungomare oppure nelle villette hollywoodiane sulla collina! Torni la fanfara, partano i titoli di coda…
(“I fatti citati sono realmente accaduti. Ogni riferimento non è per nulla casuale. Mimmo u’Curdu, ancora più orso Yoghi, continua a scrivere pizzini e a gettare in mare bottiglie… Si ringraziano la Procura di Locri per la sceneggiatura e Vinicio Capossela per il videoclip di Povero Cristo girato a Riace!”). The End
Siamo tutti lamentini (da Calabria Magazine - marzo 2019)
Sarà certamente un caso, ma anche il T9 trasforma automaticamente il termine lametini in lamentini. Non ci riconosce nemmeno la Tegic Communication che ha inventato il software! In effetti, bisogna riconoscere che a Lamezia il lamento è di casa. Forse per scaramanzia, convinti che allontani il malocchio, forse per atavico vittimismo; certo è che, se non si fa nulla, lamenti a gogò e, se si fa qualcosa, forse i lamenti sono anche maggiori! In fondo, il nulla non lo vedono tutti e, quindi, occhio che non vede cuor che non duole. L’ultimo lamento di gruppo, social e on the road, è causato dalla costruzione della Concattedrale. “Soldi spesi male, ma perché, ci sono già tante chiese, che spreco, che brutta, sembra una moschea, no sembra un hangar, pedofili schifosi...”. Si sente e si legge di tutto e di più. E pensare che a Lecce, ad esempio, ci sono una cinquantina di Chiese e ne hanno fatto uno dei motivi di maggior richiamo turistico! In realtà, pochi dei lamentini sanno che, innanzitutto, è un regalo del Vaticano, in segno di riconoscenza per l’accoglienza a Papa Benedetto di qualche anno fa, su abile “trattativa” del Vescovo Monsignor Cantafora. Avrebbero potuto destinarla a Bolzano piuttosto che a Ferrara, visto che rientra nella pianificazione di nuove strutture per il culto e l’accoglienza, invece, hanno pensato di fare un torto proprio ai lamentini! A che serve una nuova Chiesa a Lamezia? Anche questa domanda lascia trasparire la mancata conoscenza del progetto. In realtà è una moderna struttura polifonzionale per il culto, l’accoglienza, il tempo libero e la cultura, prima in Italia pensata dal Vaticano come luogo di aggregazione multiuso. Oltre al gigantesco salone liturgico, capace di ospitare oltre mille persone, ha un auditorium di circa settecento posti, dotato di regie e sale riunioni annesse, biblioteca, spazi ludici per i bambini, mensa e camere d’ospitalità per fasce deboli. Dal punto di vista urbanistico, poi, è posta al centro dei tre ex comuni, in modo da legare simbolicamente e territorialmente le tre realtà, un contributo non da poco all’unione dell’ancora disunita Lamezia Terme, se è vero che lo sviluppo di una città passa anche da opere capaci di cucire il territorio, abbellirlo e creare nuovi modelli identitari. Ma non è finita qui. Avrà la piazza più grande della Calabria, in una città dal territorio sconfinato, ma senza una vera piazza, dopo che quella della Repubblica è stata trasformata in un megaparcheggio e Piazza d’Armi in un monumento alla tristezza, direi proprio il “Monumento al Lamentino”! Ancora non è terminata, ma si pone come uno spazio importante, capace di accogliere migliaia di persone, in comfort e sicurezza. Chiudo con gli aspetti tecnico-architettonici. E’ la prima Cattedrale italiana con strutture portanti tutte in acciaio, ha due campanili alti 43 metri percorribili con vista mozzafiato su tutta la piana di Lamezia (di sicura attrazione) e, infine, è firmata da Paolo Portoghesi, lo stesso architetto che ha firmato anche il Politeama di Catanzaro e tra i più conosciuti e apprezzati al mondo. Insomma, un regalo e peraltro costoso (circa cinquemilioni di euro arrivati ad un’Impresa della Città, senza un euro di soldi comunali) e di marca, di quelli che anche se non rientrano nei nostri gusti, si custodiscono con cura per il valore che hanno e si lasciano in eredità alle generazioni che verranno! Un regalo che dovrebbe essere maggiormente apprezzato proprio dalla Città più vilipesa dalla politica regionale, che non ha mai “compreso” le potenzialità della sua posizione baricentrica e strategica, fondamentale per lo sviluppo di tutta la regione. Dai miei studi di urbanistica, mi sbilancio a dire “una città perfetta” territorialmente, una enorme pianura dal mare ai monti, alle terme. Non sempre, però, i lametini si lamentano a torto. La storia degli scioglimenti è diventata una farsa anche per chi crede di avere la legalità nel dna. Conosco personalmente Paolo Mascaro da quando eravamo bambini, compagno di scuola e amico d’estate. Ho frequentato casa sua e conosciuto i genitori, professori e poi entrambi presidi, il fratello e la sorella, farmacista e medico. Siamo andati insieme a cercare casa a Roma per l’Università, poi io, da buon mammone, cedetti al ricatto di mia madre in lacrime: “Se vai a Cosenza ti regaliamo la macchina!”. La nostra amicizia, nonostante che le strade allora si divisero, è rimasta fraterna e, appena laureato, è diventato il mio avvocato. Con le sue arringhe, ho persino vinto una causa contro Valeria Marini, che mi ha dovuto risarcire per aver raddoppiato il cachet a poche ore da un evento a Montepaone! Una persona perbene, eccezionalmente perbene. “Ci saranno cose che lui nemmeno conosce”, ho pensato incredulo allo scioglimento e alla sua incandidabilità. Poi, però, è arrivata la prima sentenza che ha bocciato l’incandidabilità e gli ha restituito la limpidezza personale che, chi lo consoce, non ha mai messo in dubbio. Ma non è finita qui, anche il Tar del Lazio ha bocciato lo scioglimento e lo ha rimesso in carica con tutto il Consiglio comunale. Sembrava storia chiusa, uno dei classici gira e rigira della giustizia italiana, che spesso assolve innocenti dopo che sono morti o cambia opinione ad ogni grado di giudizio, invece no. Neanche il tempo di attendere la decisione del Consiglio di Stato e, con la velocità della luce, vengono richiamati i tre commissari, riportando la città nel buio. A Roma viene persino arrestato il Presidente del Consiglio Comunale, braccio destro del sindaco, dopo una serie di arresti che hanno fatto coniare persino il temine “mafia capitale”. Episodi del genere, come ci dicono le cronache, sono quasi quotidiane in quasi tutti i Comuni italiani, ma niente, tutto va bene! Qualcosa non mi torna, sarà perché, in fondo, sono un lamentino anch’io?
Tutta colpa di quei 49 migranti (da Calabria Magazine - gennaio 2019)
Fornai, benzinai, cuochi, operai, ecc., insomma tutti quelli che non sono politici di professione, siete avvisati: fate il vostro lavoro e non esternate pensieri fastidiosi a piacimento, almeno su argomenti di esclusiva competenza di chi avete eletto e fa quel nobile mestiere nell’interesse del popolo italiano. Chi cuoce cuocia e chi canta canti! Poi, a dire il vero, un cantante può avere l’ardire di esprimere liberamente come la pensa, a parole e senza musica? Con la musica sotto il discorso cambia, vedi rapper e trapper che ne sparano a vagonate senza che qualcuno si scandalizzi. Chi sarebbe stato Mogol senza qualcuno che gli musicasse i testi? Un parolaio e non un paroliere! Tant’è che, con la musica, anche il Pescatore di De Andrè, quello che versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete ho fame, può piacere a tutti, indipendentemente da posizioni politiche e considerazioni umanitarie. C’èra la musica e chi è abituato a fischiettare radendosi la barba o spalmando la nutella sulla fetta biscottata, alle parole ci pensa poco. Conta l’orecchio! Come dice uno studio, se si fanno fischiettando, i selfie vengono più ammiccanti e prendono vagonate di like! Poi, onestamente, uno che cantava “passerotto non andare via senza i tuoi capricci che farò”, è meglio che copra tutto con la musica e faccia silenzio! Tra animali e migranti, questo è seriamente un pericolo pubblico, un Noè dei giorni nostri che si caricherebbe di tutto senza un minimo di selezione. Da milioni di anni, l’Italia e’ degli italiani che, con cura e pazienza, hanno persino scavato secoli per staccarla dall’Africa e farne una penisola. Via passerotti capricciosi e gente colorata che vorrebbe arrivare da ogni parte!. E se si dovesse sapere che, oltre a parlare a vanvera e a cappella, Baglioni organizzava un festival proprio a Lampedusa dedicato ai migranti, rischierebbe pure di essere incriminato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Vuoi vedere che tutti questi che partono dall’Africa sono suoi fans? Per il prossimo Festival di Sanremo, sarebbe bene cominciare a pensare a Van de Sfroos che, perlomeno, canta pure in lombardo e si fischietta che è una meraviglia: “Sbuscià de tot ma ho s'cepà nagot... Africa dulza del tramut so la feruvia alta marea che fa naufragà 'l bicer”. Anche lui pensa, ma almeno non fomenta e lo capiscono in pochi! Sì, perché i cantanti che pensano e parlano, non piacciono nemmeno ai direttori della tv. Sanremo è Sanremo, il festival della canzone, non un talk show di Gad Lerner. E poi, come fanno notare i seguaci della politica dai nobili propositi, come si poteva, peraltro a Capodanno, pensare di far sbarcare quarantanove uomini, donne e bambini, mentre nevicava ad Amatrice? Bisogna essere proprio degli irresponsabili buonisti! In Italia nevicava e qualcuno pensava a quei signori in barca a festeggiare l’arrivo del 2019 nel Mediterraneo con caviale e champagne, ballando appresso ad Amadeus e alle nonne delle Chic in tv! Per fortuna, a tranquillizzare i più preoccupati, quelli che ormai hanno un chiodo fisso e ad Amatrice pensano notte e giorno, è arrivata la notizia che la foto di case sommerse dalla neve era una fake scattata, addirittura, in Libano! Meno male che l’ha detto pure il Tg1, così il caso è chiuso. Poi, chiedo proprio a Baglioni: era il momento di fare polemiche alla vigilia di Sanremo, tirando per la giacca chi è già preso dai tanti problemi seri del Paese? L’Italia è fuori controllo per colpa dei migranti e noi pensiamo ad accoglierne altri cinquanta! Se Baglioni rischia di perdere Sanremo, il pericolo più grosso, però, lo corrono i calabresi. A malapena e non senza mal di stomaco, da un paio d’anni sono considerati italiani anche dai Padani ed ora si mettono a fare i buonisti dalla parte di profughi e migranti? Poi si meravigliano che li chiamano terroni e a qualcuno torni in mente perfino la secessione. Stiano buoni e la notte pensino a dormire. Non sanno e non vedono mai niente e, improvvisamente, vedono una barca al buio ed escono nudi, a meno sei, per soccorrere migranti? Se la Tav non si farà, pare che i soldi saranno spesi per realizzare un canale largo quanto lo Stretto di Messina che unisca Ionio a Tirreno e stacchi la Calabria dallo stivale. In tal caso, nessuno si meravigli e gridi al razzismo. Di questi buonisti, ex puzzolenti ed ex zavorra, non se ne può sinceramente più! Mentre nevica e fa freddo, questi insopportabili omini bassi e scuri sono usciti di casa in piena notte per salvare una cinquantina di curdi che, maldestramente, hanno scelto proprio la Calabria per sbarcare. Bisogna intervenire subito. La notizia che i calabresi hanno un cuore grande pieno di ‘nduja e cipolla rossa di Tropea, sta facendo il giro del mondo. Non bastava il sindaco di Riace che ha popolato di straccioni il paese dei Bronzi e, senza pudore e rispetto della legge, ha affidato i servizi di nettezza urbana a due immigrati con tre asini, peraltro neri! Onestamente, si può sopportare che un asino ragli alle cinque del mattino per trasportare la differenziata, svegliando tutta la Locride? Lucano in galera e dura lezione per i cittadini di Melissa: niente concerti di Baglioni in Calabria. Non tutti i mali vengono per nuocere. Un concerto con buonisti, terroni, migranti e pure Lucano, magari in gilet originale giallo al profumo di bergamotto, che cantano per tre ore “quella sua maglietta fina” e si eccitano con canzoncine sdolcinate, tutto romanticismo e miele, potrebbe essere davvero l’inizio di una rivoluzione!
Anno 2132, arriva il bonus arancino (da Il Quotidiano del Sud del 2 ottobre 2016)
22 dicembre 2132 – Matteo Silvio Renzi IV, per inaugurare il ponte sullo stretto, ha scelto la data di oggi per un motivo preciso, come ha sottolineato nella storica cerimonia poco fa a Messina. Ed oggi, siamo qui perché in due hanno fatto lo stesso sogno: il Ponte sullo Stretto! Due uomini diversi, allora di schieramenti opposti, ma con lo stesso sorriso, lo stesso ottimismo e, lo dico orgoglioso, le stesse passioni! Oggi lo stretto non è più come prima. Il lento distaccamento della Sicilia, tanto invocato con preghiere e stregonerie dai contrari al Ponte, ci ha costretto ad allungarlo di un altro chilometro, però ce l’abbiamo fatta lo stesso. Non sono qui a cantare vittoria, non l’avrebbero fatto neanche i miei predecessori, Matteo primo, secondo e terzo; anzi, esprimo vicinanza a tutti quelli che si sono battuti audacemente per non farlo realizzare. Mai infierire sugli sconfitti. Stai sereno, dicevano loro, e lo dico anch’io! Così – ha proseguito il Super Premier, sollevandosi per circa tre metri da terra (unico al mondo dotato di questo super potere) – mi sento vicino all’Associazione Arancini della Caronte. A voi, che andavate su e giù per lo stretto sgranocchiando l’insuperabile arancino di Messina, dico di stare sereni: abbiamo pensato al bonus arancino. Oggi che non abbiamo più bisogno degli ottanta euro del trisnonno, perché con il ritorno alla lira abbiamo risolto ogni problema economico, possiamo permettercelo: arancini per tutti! Un pensiero va anche agli ambientalisti. Come sapete, per la disgrazia dell’inabissamento della nave su cui stavano protestando il giorno dell’inizio dei lavori, sono volati tutti nel Paradiso che sognavano: una preghiera è per loro. Siate felici e sereni anche voi! Guardare il ponte da lassù, deve essere ancora più bello!>>, ha proseguito, alzandosi di almeno cinque metri da terra a mani giunte, con lo sguardo rivolto al cielo. In questa storica giornata, davanti a migliaia di immigrati ormai residenti in Calabria e Sicilia, grazie al progetto “Ripopoliamo il Sud di onesti”, Matteo Silvio ha snocciolato numeri e record. <>. Dopo qualche attimo di silenzio e palpabile commozione, il Super Premier ha scatenato le nuovissime pupille fotografiche dei centomila giapponesi arrivati per l’occasione, con un annuncio a sorpresa: <ha concluso Renzi IV - chiameremo questo ponte ‘Matteo Silvio e Maria Elena’, perché in questa quarta era moderna non c’è più posto per Scilla, Cariddi, Grilli parlanti e per tutti i mostri del passato!>>. Terminata la cerimonia, il Super Premier ha indossato la tuta termica ed è volato a Roma. Sarà proprio lui, infatti, l’ultimo tedoforo delle Olimpiadi Invernali di San Felice Circeo che si apriranno dopo domani, notte di Natale. Appena toccherà il tripode con la fiaccola, passerà su Roma la grandiosa Stella Cometa dirottata dalla sua orbita per l’eccezionale avvenimento.
A proposito del no alle Olimpiadi di Roma 2024 - da The Post Internazionale del 22 settembre 2016
Da ieri, ufficialmente, siamo un Paese del quinto mondo, ex sviluppato e in fase di lento disfacimento. Il sindaco della Capitale, e con lei un numero consistente di italiani, hanno dichiarato al mondo intero che siamo una nazione di incapaci. Inutile sognare, pensare, progettare grandi opere ed eventi storici: non ne siamo all’altezza. La mafia, la corruzione, l’incapacità gestionale, la disorganizzazione, l’inefficienza, l’inettitudine, la mala amministrazione, la collusione di ogni ganglio del sistema produttivo con il malaffare, l’inaffidabilità e la dappocaggine di manager e imprenditori, incapaci perfino di pianificare i lavori e terminare un’opera pubblica, il mal funzionamento degli organi di controllo e del sistema della giustizia, e ogni altro aspetto di degrado ascrivibile al quinto mondo, in Italia sono tali da dover chiudere il Paese. Impossibile soltanto immaginare un progetto importante, che impieghi le menti e le risorse degli onesti a creare le condizioni per la fattibilità economica, negli alvei della legalità, di qualsiasi opera o evento strategico. In Italia, ormai è impossibile finanche sognare. E ciò, guarda caso, viene ufficializzato da chi si presenta e si propone come la buona politica. Ma la buona politica non è quella che fa le cose perbene, superando le negatività e assicurando i risultati attraverso meccanismi di efficienza e legalità? La buona politica non trasforma le occasioni in opportunità e, se talmente brava, in salti di qualità per l’intero Paese e la qualità della vita dei suoi cittadini? Ragionamenti simili li ho sentiti anche per il Ponte sullo Stretto, opera che in qualsiasi parte del mondo sarebbe stata realizzata e che favorirebbe i normali flussi quotidiani tra due regioni distanti appena tre chilometri. “Impossibile, ci sono la mafia, la ‘ndrangheta, la corruzione, i terremoti…”, i disfattisti non hanno perso tempo. In verità, in questo caso, ci sono anche problemi insuperabili, come i danni all’orientamento e al sistema nervoso di tonni e pesce spada; ma per le Olimpiadi, forse, lo sforzo di dimostrare al mondo che l’Italia non è un paese in agonia di tonni disorientabili, pieno di metastasi dappertutto, si sarebbe potuto fare. La buona politica è quella che fa bene o quella che non fa, paralizzata da incubi e fantasmi? Da ieri, ufficialmente, siamo il primo Paese entrato nel quinto mondo, la dimensione degli inetti.
Leggi in questo link il pezzo originale su TPI
A proposito dell'arrivo delle armi chimiche siriane al Porto di Gioia Tauro (dal Quotidiano del 24.01.2014)
Da semplice cittadino calabrese, sto seguendo il caso dello smaltimento delle armi chimiche siriane da effettuarsi nel Porto di Gioia Tauro e, dopo aver sentito un po’ delle solite chiacchiere della politica, ho deciso di porre pubblicamente qualche riflessione e qualche domanda. Il 4 ottobre del 2002 mi è stata diagnosticata, improvvisamente, una leucemia mieloide acuta indifferenziata, una forma mortale superata miracolosamente. Una storia abbastanza nota, soprattutto per le vicende mediche e mistiche della guarigione che ho raccontato in un libro, la cui causa, però, è rimasta a vagare tra dubbi e pensieri, fino a quando non ho sentito le affermazioni di questi giorni di alcuni ministri che avvalorano quanto, dentro di me, ho supposto sin dal primo momento: “Perché preoccuparsi in questa occasione – dicono i nostri governanti – se in questo porto ogni anno si effettuano operazioni simili e transitano quantitativi enormi di sostanze tossiche, senza che mai ci siano stati problemi?”. Non entro nel merito di considerazioni politiche che, comunque, anche un semplice cittadino avrebbe il diritto di poter fare, magari evidenziando come l’interesse della classe politica nazionale si manifesti verso la Calabria solo ogni volta che rimangono imbottigliati per ore sulla nostra autostrada, tanto da stupire che sia stata scelta come sede di operazioni del genere, ma chiedo ai signori Ministri: ora che avete certificato che almeno il Porto di Gioia Tauro è da sempre luogo di transito di sostanze tossiche di ogni tipo, siete proprio sicuri che ciò non abbia mai prodotto danni all’ambiente e ai cittadini calabresi, da poterlo affermare sorridenti con cotanta certezza? I miei dubbi, per il puro scrupolo di non generare illazioni, fino ad oggi li ho tenuti per me, ma di fronte alla sfacciataggine di certa politica, ho deciso di esternarli. Al momento della diagnosi della mia leucemia, i medici mi dissero che si trattava di una forma comune a persone venute in contatto con sostanze tossiche e radioattive e che, soprattutto, le cellule tumorali erano nel mio corpo da poche settimane. Conducendo una vita normale, e non da militare in Kosovo, ho cominciato a sfogliare nei ricordi per ricostruire in quali luoghi ero stato negli ultimi due mesi: guarda caso, il mese di settembre del 2002 ero stato proprio al Porto di Gioia Tauro, tra navi e container, per preparare l’allestimento dello spettacolo televisivo “La sera dei Miracoli” che andò in onda su Rai Uno il 25 settembre! Ho sempre voluto ritenere che si sia trattato di una pura coincidenza e di un fatto difficilmente spiegabile, ma, ai ministri che hanno gridato con imbarazzante fierezza che in quel porto transitano normalmente enormi sostanze tossiche, chiedo: “Come fate ad essere così certi che i tantissimi casi di tumori e leucemie, compreso la mia, che si sono registrate e si registrano in quelle zone non siano addebitabili proprio a quanto candidamente avete ammesso?”. Non so che studi ed esperienze scientifiche abbiano gli Onorevoli che si sono abbandonati a queste tranquillizzanti affermazioni, ma ho trovato incredibile il solo fatto di averle sentite, quasi a mo’ di spot: “Calabresi, state tranquilli, vi rassicuriamo noi!”. Nel mio caso, l’effetto sortito è stato esattamente l’opposto di quello voluto: ora sono ancora più convinto di quanto immaginavo. Un’altra domanda mi piacerebbe porla ai movimenti ambientalisti, nel reggino particolarmente attivi e, normalmente, sensibili perfino al sistema nervoso dei tonni, tanto da combattere la costruzione del ponte sullo stretto per evitare ai grandi pesci in transito la perdita dell’orientamento (come ho sentito in un’intervista televisiva): “Anche voi avete le stesse certezze dei nostri ministri?”. A parte tumori e leucemie, oggi, perfino curabili, vi figurate quanto diventerebbe complicato per i poveri pescatori di Bagnara prendere un pescespada con le convulsioni tipiche da gas nervino?
Lettera di auguri al sindaco di Lamezia Terme (dal Lametino del 28.12.2013)
In conclusione di anno, mi piace inviare i migliori auguri a tutti i lametini e, se mi è consentito, in particolare al nostro sindaco che, Speranza di nome e di fatto, riesce a tenere sempre viva la città, altrimenti afflitta da atavica monotonia, con la sua innata simpatia e i suoi scherzetti di carnevale da autentico birboncello, estesi a tutto l’anno! Se non ci fossero state le annunciate dimissioni di Giannetto, di cosa avremmo parlato durante i lunghi banchetti di Natale? A dire il vero in pochi ci credevano, compreso i più noti scommettitori inglesi, però la sua geniale trovata ha animato comunque pranzi, cene, tombolate e scoponi… E che dire dell’altro simpaticissimo scherzo del finto bando per le festività natalizie e per l’evento di Capodanno? Ebbene, lo ammetto, io ci sono ancora cascato! Nonostante il precedente sul Demofest che, simpaticamente, mi annullò a una settimana dallo svolgimento e altre varie birbonerie, questa volta, mi sono detto, è tutto vero: bando ufficiale pubblicato sul sito comunale pieno di allegati da compilare, scadenza alle ore 12.00 del 2 dicembre, importo indicato 24200 euro tutto compreso, certificati vari da allegare e, soprattutto, adeguata proposta e curriculum all’altezza… Insomma, un bando a tutti gli effetti!
Immediatamente mi preoccupo di fare la mia proposta: blocco due dei migliori personaggi di Rtl, Alessandro Greco, il mattatore di Furore sulla Rai e il simpaticissimo Conte Galè, entrambi in onda ogni giorno sulla prima radio italiana, la loro allegra orchestra “Evviva la musica”, un djset nazionale! Malgrado il ridotto budget, progetto anche un mega allestimento da discoteca all’aperto ed una ricca promozione che, per l’immagine, non guasta mai. Così, alle 11.55 del 2 dicembre, mi dirigo come un razzo al protocollo comunale e mi prendo il timbro proprio allo scadere, con tanto di fiatone e un po’ di batticuore per aver evitato di stendere un vecchietto. A quel punto, ignaro del nuovo simpaticissimo scherzetto, dovevo solo attendere con fiducia l’apertura delle buste e l’annuncio del vincitore!
Come previsto, appena due giorni dopo, aprono regolarmente le buste e buttano giù una graduatoria. “Tutto vero, anche se terremo il segreto per settimane per creare un po’ di suspance, questa volta è tutto vero!”, mi hanno confermato informalmente. Il 24 dicembre, però, la simpatica sorpresa. Mentre sono intento a comprare qualche anguilla in pescheria, mi suona il cellulare: mail in arrivo! Agitato e con le anguille che si agitavano più di me nella busta, apro subito la posta. From: “Comune di Lamezia Terme” To: “Tutti i partecipanti del bando Evento di Capodanno”. Testo: “Il bando è stato annullato, vi invitiamo a presentare entro il 27 mattina una nuova proposta a metà del budget, cioè 12880 euro, tutto compreso!”. A quel punto, finalmente, si è accesa la lampadina: vuoi vedere che è un altro scherzetto del solito Giannetto? Chiamo in Comune e ho la conferma: bando annullato, soldi dimezzati e aggiudicazione a sorpresa. Ho chiuso il telefono felice. “Allora non si dimette sicuro, ha solo scambiato Natale per Carnevale!”, ho bisbigliato rincuorato… “E vuoi vedere che ora ci propina una bella ed elettrizzante notte di tarantelle?”. Sindaco, però, glielo dico con affetto: vanno bene anche le tarantelle, tanto siamo già sufficientemente tarantolati, ma se ha intenzione di farci anche uno dei suoi allegri sermoni di auguri di buon anno, ci avvisi subito, così facciamo arrivare in tempo un aereo di peperoncini messicani da infilare nelle mutande rosse. Dopo quanto accaduto in città negli ultimi anni ed aver visto al cinema “Colpi di fortuna” , meglio premunirsi! Con i migliori auguri.
IL MONDO DELLO SPETTACOLO DAL VIVO PROMUOVE OCCUPAZIONE, CULTURA E VALORI UMANI, RISPETTANDO LE REGOLE! (Ansa del 28.03.2012)
Non si placano le polemiche dopo il blitz della Guardia di Finanza al concerto della Pausini al Palamaggiò di Caserta, durante il quale sarebbero stati scoperti sedici operai che lavoravano in nero. In merito alle affermazioni di Emilio Miceli, segretario generale della Slc-Cgil, che nei giorni scorsi ha dichiarato testualmente che l'episodio è la dimostrazione che in questo settore il disprezzo delle regole è consuetudine, anche a costo del sacrificio di vite umane, interviene l'organizzatore di spettacoli dal vivo Ruggero Pegna, membro del consiglio direttivo di Assomusica, l'associazione italiana di organizzatori e produttori di concerti. "Le affermazioni di alcuni sindacati, che ho letto sulla stampa - dice Pegna - a mio parere sono gravissime e infamanti per un settore all'avanguardia che da oltre quarant'anni anche in Italia, al contrario, produce occupazione soprattutto giovanile, promuove la cultura, la creatività e l'arte del nostro Paese, esalta i più nobili valori della vita umana, dall'amicizia all'aggregazione pacifica di intere famiglie, dalla solidarietà alla pace. Purtroppo questo settore, semmai, soffre del disinteresse che, spesso, le istituzioni e gli stessi sindacati hanno manifestato, visto che a tutt'oggi in Italia non esiste un vero riconoscimento delle figure professionali coinvolte, spesso altamente specializzate e competitive con le migliori figure del settore a livello internazionale. Come in tutti i settori, ogni generalizzazione è infondata e sbagliata. Il mondo dello spettacolo dal vivo è tra i più corretti e offre il suo contributo al Paese anche in termini economici. Gli incassi dei biglietti sono tutti verificati dalla Siae, alla crescita della quale offre un suo contributo prezioso, finalizzato alla tutela del patrimonio artistico e autorale italiano. Allo stesso modo, sono regolarmente controllate le posizioni Enpals di musicisti e tecnici. I maggiori operatori del settore compresi in Assomusica, autonomamente, si sono finanche dotati di un codice etico, di un documento regole e ruolo per lo spettacolo dal vivo in Italia e di un progetto assicurativo. In merito all'argomento della sicurezza, lo spettacolo dal vivo è sottoposto da sempre a norme rigorose, all?inoltro di progetti e documenti a firma di tecnici abilitati alle autorità competenti e all'esame minuzioso di ogni dettaglio degli allestimenti da parte delle Commissioni Provinciali di Vigilanza facenti capo alle Prefetture. Piuttosto che attaccare in modo indiscriminato, generico e diffamante un settore tanto importante per l?occupazione, la cultura e la vita sociale del Paese, composto da professionisti di altissimo spessore umano ed esperienza, si contribuisca al miglioramento dell'intero comparto ascoltando le istanze che da esso provengono, a cominciare dal pensare e progettare anche per lo svolgimento delle attività connesse alla produzione musicale popolare nel suo complesso. In Italia, le strutture realizzate per tali eventi sono quasi inesistenti, come è inesistente una vera legge, invocata da anni, che regoli il settore. Infine -conclude Pegna - in merito all'argomento specifico dei lavoratori impiegati, va obbligatoriamente precisato che i tecnici dello spettacolo dal vivo sono tutti in regola con quanto previsto dalle normative in vigore, trattandosi peraltro di figure altamente specializzate, dai fonici agli ingegneri del suono, ai tecnici delle luci, ecc. In questo ambito, piuttosto, in Italia è necessario fare attenzione al rispetto delle regole da parte di molte società di servizi, spesso cooperative, che offrono manodopera per lo scarico dei camion a tutti i settori merceologici, e non solo alla musica dal vivo, soggetti estranei al comparto e solo occasionalmente coinvolti."
Replica alle affermazioni di Eros Ramazzotti su Repubblica (06.03.2012)
"Ho letto su di un quotidiano nazionale le dichiarazioni di Eros Ramazzotti in cui afferma che da anni non scende al Sud perché mancano spazi adeguati e sicuri, manca professionalità, le costruzioni sono di almeno quarant'anni e mai ammodernate. Da queste parole ho avuto conferma dell?idea che mi sono fatto organizzando concerti da oltre ventisei anni, cioè che alcuni cantanti farebbero bene a limitarsi a cantare per evitare di dire stupidaggini. Le affermazioni di Ramazzotti sono prive di cognizione di causa. Ramazzotti dimostra di ignorare qualsiasi nozione tecnica relativa agli allestimenti di grandi show, palesando anche gravi lacune in merito alle più elementari nozioni di geografia. Trieste, infatti, dove è successo l'analogo incidente appena qualche mese fa, non è al Sud! Su questi aspetti di geografia, Ramazzotti aveva già manifestato gravi lacune durante un concerto a Catanzaro, gridando al pubblico disorientato "Ciao Palermo". A parte tali inevitabili considerazioni, trovo doveroso smentire in tutto le affermazioni di Ramazzotti. La Calabria e il Sud hanno strutture tra le più moderne del Paese, nuovi teatri, anfiteatri, spazi di tutti i tipi. Lo stesso palasport di Reggio, che io ho inaugurato nel 1991 con Sting, è tra i più moderni, sicuri e strutturalmente all?avanguardia. Ha ospitato Campionati del mondo di varie discipline sportive fino all?altro ieri ed eventi di spettacolo di ogni tipo, dall'imponente Notre Dame De Paris, ai concerti di Renato Zero, Claudio Baglioni, Ligabue, Zucchero, fino allo spettacolo di Checco Zalone dello scorso ottobre. Al Sud ci sono teatri nuovissimi o appena ristrutturati che producono e ospitano lirica, stadi che hanno ospitato i più grandi live all'aperto, da Vasco Rossi a Elton John. Rispetto all'argomento della professionalità, probabilmente, la sua esperienza al Sud non è stata delle migliori. Se così è, dovrebbe piuttosto prendersela con le sue agenzie per la scelta dei promoter, evidentemente improvvisati, a cui hanno affidato i suoi concerti. Concludo ribadendo la mia personale opinione su quanto accaduto a Trieste e Reggio: bisogna ridimensionare alcune ciclopiche produzioni studiate per spazi al chiuso come i palasport. Quindici tir di roba non servono alla musica, a chi fa musica, all?Impresa Musica nel suo complesso! Inoltre, secondo me, nello specifico bisogna analizzare le nuovi soluzioni tecniche in alluminio adottate in questi concerti, in sostituzione delle consolidate e rodate strutture layher, con cui sono stati fatti per anni e continuano ad effettuarsi regolarmente, in tutto il mondo, migliaia di concerti in condizioni di totale sicurezza. Se questi gound support sono caduti giù in fase di montaggio, probabilmente, vuol dire che hanno dei livelli di rischio e di inaffidabilità tali da indurre a serie riflessioni, innanzitutto ingegneristiche".
Riflessioni e domande sulle iniziative natalizie a Lamezia (del 20.01.2012)
Illustre Sindaco Speranza, ho letto alcune critiche mosse al programma natalizio comunale. Le ho trovate anche fin troppo generose, rispetto a quelle più impietose di cittadini e negozianti. A parte la qualità sia artistica che ornamentale delle scelte effettuate, poiché nel merito qualcuno direbbe che trattasi di questione di gusti e ognuno ha i suoi, qualche domanda nasce spontanea sugli aspetti legati alla normativa sulla sicurezza e all'applicazione di principi di correttezza e legalità, certo che quando si toccano questi argomenti, si possa trovare, almeno in lei, il conforto della comprensione. Come intuisce, chi ha dedicato la propria vita a un lavoro, con sacrifici, passione e professionalità, dai tempi in cui parlare di cultura, spettacolo, musica, a Lamezia e in Calabria, era quasi un tabù, non può assistere in silenzio a episodi che, se non altro, richiedono un opportuno chiarimento, peraltro, alla presenza di meccanismi comunali che riguardo ad aspetti burocratici, in occasione di eventi organizzati da terzi, sfoggiano atteggiamenti da manuale del funzionario più che zelante. Evidentemente, certi temi sono più teorici o da propaganda, che concrete e reali azioni amministrative. Che senso ha avuto abbandonare davanti alla Bnl, per settimane, una vecchia cassa armonica da banda paesana, inutilizzata, pericolosa, soprattutto per i bambini e d'intralcio per il traffico? Sono stati effettuati tutti i collaudi necessari della pedana, delle balaustre e della copertura, visto che, trattandosi di una vecchia struttura, non essendo custodita, è stata continuamente invasa da bambini e circondata da cittadini? E, riguardo all'impiantistica elettrica, sono state osservate le misure di sicurezza, visto che la struttura non era adeguatamente delimitata, protetta o interdetta all'accesso di bambini e curiosi? Illustrissimo sindaco, se tale incomprensibile cassa armonica, decontestualizzata e incustodita, ha rischiato di creare problemi di sicurezza, ancora più pericolosa è stata la sistemazione della fitta e orrenda caveria delle luci creative sull?isola pedonale, poco sopra le teste dei cittadini, a detta di esperti del settore, certamente fuori norma! Capisco che qualcuno potrebbe dire che è stato già fatto un passo avanti rispetto alla capanna, con plinti e tiranti tesissimi "taglia teste" sui marciapiedi, abbandonata per mesi negli anni scorsi nello stesso punto, ma su certi argomenti non si scherza, perché non è una questione di gusti o di stile. Passo oltre, sia in merito ai gazebo vuoti e abbandonati al centro dell?isola pedonale, da Natale 2012 post fine de mondo, più che da Natale 2011, che sulla validità e riuscita di tante iniziative costate più o meno come gli anni scorsi, però mi tocca soffermarmi sul Concerto di Capodanno, perla di correttezza amministrativa. Come lei saprà, i suoi uffici hanno indetto un bando dal titolo "Concerto di fine anno". Sin da subito, le idee di chi l'ha redatto sono sembrate poco chiare. Dapprima, era stato previsto un importo di diecimila euro, poi, dopo qualche giorno, è stato raddoppiato a ventimila. Nonostante che ciò abbia prodotto un'iniziale confusione, almeno i criteri del bando sembravano sufficientemente chiari e inequivocabili. Inoltre, la notizia dell'estrema competenza della commissione diramata dai suoi uffici, ci dava la tranquillità, finalmente, del rispetto di legalità, correttezza e precisione. Nei giorni successivi, però, sono arrivate le inimmaginabili sorprese. Non avrei mai pensato, infatti, anche nel mio ruolo di dirigente nazionale dell'associazione di organizzatori e produttori di spettacoli dal vivo italiani, che le espressioni "concerto di fine anno" o "qualità artistica" e gli stessi termini "artista" e "musicisti", avrebbero mai potuto confondere o trarre in inganno anche la più sprovveduta delle commissioni prescelte, figuriamoci una competente, poiché, almeno tutti i vocabolari italiani, concordano sul significato di queste parole. Eppure, le sorprese sono continuate ad arrivare, in una sequenza, a tratti, inquietante, in altri perfino divertente. La prima graduatoria aveva aggiudicato il bando alla proposta del gruppo musicale Zimbaria con ospite Youssou 'Ndour, prodotta da un'agenzia di Catanzaro alla quale le Iene hanno dedicato alcuni simpatici servizi per aver millantato false esclusive; al secondo posto, c'era una proposta di musica d?autore emergente dell'Arci, al terzo, la radio che, poi, ha vinto e, al quarto, il concerto del Parto delle Nuvole Pesanti, band candidata nel 2011 ai David di Donatello per la colonna sonora del film di Antonio Albanese, ecc.. Le domande che, in conclusione, le rivolgo, certo di ricevere risposte chiare ed esaustive, sono le seguenti. Come mai, alla fine, il bando è stato aggiudicato a una radio che, con i criteri del bando, non ci azzeccava proprio niente, non avendo proposto né un concerto, né alcun artista né alcun musicista? Come mai, tale proposta non era firmata in ogni sua pagina, come previsto dalla normativa in materia? Dove è finita, e perché, la prima graduatoria? Come mai alcune proposte escluse per "carenza documentale" sono regolarmente in graduatoria? Certo che saprà dissolvere ogni dubbio, non solo mio, giacché alcuni partecipanti al bando stanno valutando le opportune azioni legali, la saluto cordialmente.
Lettera al mondo dello spettacolo, in merito all´incidente di Trieste (del 16.12.2011)
Cari colleghi, il terribile incidente di Trieste ha messo a nudo molti problemi del nostro lavoro. A pagare per un sistema pieno di crepe e contraddizioni, purtroppo, sono stati dei ragazzi, forse tra i più bistrattati di questa macchina che, oltre a produrre emozioni, rappresenta un forte spaccato della società odierna, nel bene e nel male, producendo risultati, spesso, umanamente inconciliabili. Una società in cui c?è chi ambisce a essere uomo di successo, ricco e famoso, chi si accontenta di essere soltanto ricco, chi è costretto a vivere con le briciole che lasciano loro i ricchi e i famosi. In fondo, ai tempi di oggi, dove la moralità e l?etica non trovano più spazio, ci sarebbe poco da scandalizzarsi se il danno sociale si limitasse al cannibalismo economico. La cosa grave è che, fin troppo spesso, c?è chi paga con la vita i paradossi di un modo di concepire il guadagno e il successo che non porta rispetto alla dignità e alla vita stessa degli altri. Mi sembra, per certi versi, un ritorno all'antichità, al culto degli dei, ai mercanti senza scrupoli, alla pirateria vera. Fatta questa premessa emotiva, vengo agli aspetti più pratici di questa assurda tragedia, che le foto hanno mostrato in tutta la sua spaventosità. Il primo è di ordine tecnico. Va innanzitutto compresa la dinamica dell?accaduto e vanno individuati i responsabili. Su un episodio così tragico va fatta chiarezza, senza comportamenti omertosi. Bisogna riuscirci per noi, per i ragazzi coinvolti, per le famiglie che hanno pagato questo prezzo così duro, per il pubblico, per il domani del nostro lavoro. Secondo aspetto, quello economico. E' possibile che in una macchina che arriva a costare centinaia di migliaia di euro, a cominciare dagli stessi artisti, si pensi solo a potenziare l'arsenale tecnologico, a far salire i costi della produzione, senza importarsi delle piccole economie di tante figure anonime, spesso trattate miseramente, ma indispensabili, che consentono all?artista di salire su un palco? Ha senso schiacciare i diritti dei più semplici, per mettere su show fantasmagorici in cui il lievitare dei costi aumenta solo i rischi, spesso produce perdite e, quasi sempre, comporta risparmi e tagli, se non a discapito della sicurezza, certamente del rispetto di chi lavora? Ultimo argomento, quello della comunicazione. La gestione di questo episodio ha fatto emergere, secondo me, tutta l?inconsistenza di straordinarie macchine da perfetta propaganda, ma incapaci di cogliere i reali valori di un episodio del genere, con risposte adeguate alla situazione. Soffermarsi sulla differenza tra 5 o 13,50 euro, è stato, a mio parere, la cartina tornasole della pochezza delle nostre riflessioni, della capacità di approfondire le dinamiche umane della nostra attività, che non siano eccedenze, rider, spartizioni di soldi e cose di questo tipo. Chiudo con una considerazione sugli artisti. E' ancora possibile definire "arte" testi di canzoni che parlano di sociale, di povertà, di miseria, di uguaglianza, di diritti, ecc., se poi è lo stesso artista a mettere in moto processi di svilimento di questi argomenti, per chiudersi nell?orticello dei suoi interessi, del suo apparire e della sua celebrità? Credo che sia finito per tutti il tempo dell'ipocrisia e degli egoismi e debba cominciare quello di uomini e professionisti responsabili, capaci di lavorare producendo benessere per sé e per gli altri. E' il momento di riflettere sul serio, anche perché il periodo delle vacche grasse, come diceva qualcuno, forse sta per finire.
Replica all´articolo del Corriere di Calabria del 1 dicembree 2011, a proposito delle dimissioni di Tano Grasso
Gentile Dottoressa Barbara Talarico, ho letto il suo commento alle mie riflessioni sulle dimissioni del signor Tano Grasso da assessore alla Cultura del Comune di Lamezia Terme. Mi permetta di dire che, secondo me, il discorso è molto più lungo e complesso di una mera sintesi giornalistica che strapazza i ragionamenti e si allea con la più banale e demagogica retorica. Non a caso, il mio punto di vista è in sintonia con quello di firme non meno autorevoli della sua, come quella ad esempio del dottor Corrado Augias che, su un quotidiano abbastanza noto, "La Repubblica", si è posto il mio stesso dubbio sulla competenza del signor Grasso a rivestire un incarico del genere. Peraltro, evinco che lei non ha seguito il dibattito che, sin da subito, io stesso ho aperto sull'argomento dopo aver letto il progetto culturale con cui l'assessore si è presentato, senza ancora conoscere come si sarebbe tradotto nella concretezza amministrativa. Da operatore lametino che da quasi trent'anni produce, se non altro, aggregazione pacifica in tutta la Calabria, che ha veicolato l?immagine della regione attraverso la musica e lo spettacolo anche in mondovisione, che ha portato a casa dei giovani calabresi alcuni dei più grandi artisti internazionali di ogni genere, mi sono subito chiesto: la mafia può essere l'unico argomento di un assessore alla Cultura, da propinare in tutte le salse e in ogni occasione? Un progetto culturale può essere scritto in modo talmente denigratorio della realtà che si deve amministrare, peraltro da ospite di passaggio e non da cittadino, da essere esclusivamente il desolante manifesto di una terra di mafia? Il suo commento m?impone qualche premessa. Lamezia, città in cui sono nato e vivo, è innanzitutto tanta gente perbene ed è, indiscutibilmente, una delle realtà del Sud più vitali dal punto di vista della produzione culturale, dalla musica classica a quella popolare, dagli incontri scientifici a quelli letterari, e ancora nel campo del jazz, del folk, del teatro di strada, dell?editoria radiotelevisiva, con iniziative e operatori noti e apprezzati anche in ambito nazionale. Il suo problema principale, oltre ad una criminalità in linea con le principali realtà produttive del Sud, è da sempre rappresentato, innanzitutto, dalla mala politica e dalla cattiva amministrazione, fattori che, nonostante la posizione strategica, lo straordinario territorio e una popolazione da terza città della regione, l?hanno da sempre relegata a ruolo di paesotto. Per quanto riguarda il tema della criminalità, ho sempre pensato che ogni cittadino perbene e ogni imprenditore o professionista onesto possiedano in sé il germe della lotta a ogni forma d'illegalità. Nel mio piccolo, come Lei sa, conoscendomi da quando faceva la cronista ai miei spettacoli, ho dedicato alla lotta alla criminalità decine di articoli, il libro "la Pecora è pazza", un impegno costante sia dal punto di vista sociale che culturale, al punto da essere stato invitato anche sul palco di Legalitalia insieme a magistrati e giornalisti, a testimoniare la mia esperienza. Da dirigente nazionale della mia associazione di categoria, ho elaborato formule da inserire nello statuto e contribuito a scrivere un codice etico che consentisse di poter fronteggiare l'aggressione e l'intrusione della criminalità organizzata anche nel settore dello spettacolo dal vivo. Le mie battaglie, portate avanti con discrezione e silenzio, sono bene note a vari personaggi di prestigio dell?antimafia con cui ho condiviso il sacrificio e la paura quotidiana di doverle affrontare. Come sa, ho sempre pensato che la criminalità si combatta costruendo positività e non mi dilungo sull?esperienza da imprenditore che ha prodotto eventi in ogni angolo della regione con comprensibili problemi "ambientali" di ogni tipo, perché penso che sia fin troppo facile immaginarlo. Ciò premesso, torno al tema. Nel caso della nomina del signor Grasso ad assessore alla Cultura di Lamezia, le domande da porsi sono diverse e le risposte devono comportare un minimo sforzo di ragionamento che vada oltre le facili esemplificazioni. Quali devono essere il ruolo e i compiti di un assessorato alla Cultura e allo Spettacolo di un comune? Il progetto culturale di una città in cui sono presenti fenomeni delinquenziali, peraltro oggi diffusi su tutto il territorio nazionale, può limitarsi a trattare il solo argomento delle mafie, azzerando ogni altro progetto, magari storicizzatosi negli anni e costruito con grandi sacrifici da cittadini che hanno speso la loro vita per produrre qualcosa di positivo per i giovani, l?immagine del loro territorio, la promozione umana e culturale, divenendo anche un modello dalle forti ricadute occupazionali? Di chi è il compito di promuovere l'arte, l'aggregazione, la formazione positiva, la musica, il confronto di sensibilità e coscienze, in una sola parola la cultura, attraverso una molteplicità di iniziative come accade ovunque, se non di tale assessorato? Essere consulente antiusura e antiracket, incarico che più logicamente il signor Grasso ha avuto a Napoli e Roma è, a parere non solo del sottoscritto come ho potuto leggere dalle parole di Augias, tutta un'altra cosa. Essere un negoziante di Messina che si è ribellato al pizzo, è un requisito sufficiente per avere una delega alla Cultura in una qualsiasi città d'Italia, magari a lui sconosciuta? Secondo me, parlare di aspetti legati alla legalità e alla sicurezza, non significa avere lo spessore per presiedere un tale assessorato, tant'è che da nessun'altra parte ciò era mai accaduto. Perché, dopo Napoli e Roma, Grasso è approdato a Lamezia e con un ruolo ben diverso dai precedenti? Napoli non ne avrebbe avuto ancora bisogno, forse, come e più di Lamezia? Come ho anticipato, il discorso è lungo e mi rendo disponibile a qualsiasi confronto serio. Prima di terminare, però, non posso tralasciare la sua battuta sulle canzonette che, nonostante siano tali, come ben sa fanno parte integrante della storia e del patrimonio culturale e umano del mondo intero. Lei trova giusto che, solo a quindici giorni dallo svolgimento del Demofest programmato con un anno di anticipo, evento che ha portato Lamezia alla ribalta nazionale finalmente per fatti positivi, il finanziamento comunale a esso indirizzato sia stato trasferito al festival di libri sulle mafie organizzato dall'assessore, peraltro senza alcun bando e a costi ingenti e, a giudicare dal tipo di allestimento, ingiustificati? Forse lei fa finta di ignorare che, dietro un festival di canzonette come quello, come lo definisce, c?è perlomeno il lungo lavoro di centinaia di persone, rapporti professionali, l'ansia di giovani musicisti, l?attesa di migliaia di persone e di molti suoi colleghi. Legalità, dal mio punto di vista, è innanzitutto rispettare il lavoro degli altri senza arroganza e supponenza, rispettare la città che si va ad amministrare senza generalizzazioni indiscriminate che fanno torto alla gente onesta e perbene, sostenere l?impegno dei cittadini e degli operatori del luogo che vi risiedono e ci lavorano e, se si vuole parlare sul serio di certi argomenti, leggere e applicare il Vangelo, l'unico libro contro le mafie che io conosca.
Nuova nota all´assessore alla cultura del Comune di Lamezia Terme: "Lamezia non è solo un set di mafia"
Ho letto nell'opuscolo di presentazione del festival dei libri sulle mafie che, ogni giorno, l'assessore Grasso si chiede cosa significhi essere assessore alla cultura in terra di mafia, non perdendo neppure quest'occasione per darmi conferma di quanto debba essere scioccante l'aver vissuto da commerciante in una terra a densità e qualità mafiosa notevolmente superiori alla realtà lametina, come certamente è quella siciliana da cui proviene. Se posso aiutarlo a rispondersi, dico che, a mio parere, avere questo ruolo non può significare parlare esclusivamente di mafia in tutte le salse ma, anche, sapere costruire opportunità di aggregazione intorno, innanzitutto, ai temi cari ai giovani, intercettando i loro linguaggi, offrendo emozioni, avvicinandoli alle arti, alla gioia e alle positività della vita. Soprattutto non può significare detestare la città che si amministra, bollandola d?infamia, dimostrando così di non conoscerla e amarla. E senza amore, non c'è cultura che possa convertire e arrivare dritta al cuore di chi delinque o affascinare un giovane che deve formarsi. Trovo interessante il festival da lui promosso, poiché un?iniziativa simile è lodevole in qualsiasi luogo si faccia, ma non c'è amore per questa città e s'intuisce leggendo e sentendo ogni parola dell?assessore. Senza questo collante, capace di permeare davvero le coscienze, le parole sono inutili. Se le porta il vento, lasciando solo rumore e suoni di sirene. Io stesso ho scritto "La pecora è pazza", libro pubblicato da Rubbettino, dedicandolo alla lotta alla criminalità, ma l?'o fatto da uomo del Sud, da cittadino italiano indignato da tutto ciò che è malaffare, illegalità, mentalità mafiosa, 'ndrangheta, non da lametino consapevole di vivere in luogo peggiore del Bronx. La Lamezia di cui parla il signor Grasso è, purtroppo, un'ingigantita esasperazione della realtà. Con questo non intendo negare nulla di quanto è accaduto e avviene anche a Lamezia, ma trovo ingiusto verso i suoi cittadini continuare a mortificarla, additandola all?attenzione dei media come se fosse un cancro di criminalità e di 'ndrangheta. Leggo i giornali, ascolto tg, seguo programmi di attualità di ogni tipo. Ebbene, quando si parla di grandi intrecci criminali, di 'ndrangheta con collegamenti internazionali, di spietati clan, cosche con affari in tutto il mondo, dei boss più ricercati in Italia e all'estero, non ho mai sentito parlare di Lamezia, ma di altre realtà della Calabria, della Sicilia e della Campania. Questo non significa che a Lamezia non ci sia criminalità, ma che le definizioni e descrizioni da incubo che ne fa l'assessore Grasso sono un'incredibile storpiatura. Che cosa direbbe o organizzerebbe il signor Grasso se avesse tale incarico in qualche comune del reggino, della locride, del vibonese, del crotonese, del cosentino, oppure a Palermo, Napoli, Casal di Principe, per restare ad alcuni esempi dove la densità e la qualità mafiosa, a sentire i principali media, sono di ben altro livello? A chi fa comodo dare di Lamezia l?immagine che ne scaturisce dalle parole dell'assessore, forse a una politica che ha bisogno di ergersi a eroe del bene per acquistare consensi? Probabilmente, l'assessore Grasso non sa che, sulla poltrona che lui ora occupa a Lamezia, nel 2002, proprio nell'amministrazione sciolta per mafia, era seduto il suo attuale vice sindaco, una dei giovani più perbene e di qualità che abbia questa città, uno che la amava e la ama davvero, oggi come allora. Stranezze. Sì, stranezze di una Lamezia destinata da qualche occulto sceneggiatore a dovere essere per forza un set di mafia, ma che, nella realtà, è uno dei tanti luoghi più o meno normali di un Paese davvero anormale, dove per fare carriera velocemente in politica bisogna essere vedove di onorevoli o di agenti segreti, ex magistrati e super eroi pronti a saltare da un luogo all'altro per salvare l'umanità o fare, semplicemente, il loro mestiere.
Nota all´ Assessore alla Cultura Mario Caligiuri (05.05.2011)
In merito alla conferenza stampa dell?assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri, durante la quale è stato presentato il quadro di eventi finanziati dal suo assessorato per l'estate 2011, interviene Ruggero Pegna, promoter e consigliere nazionale di Assomusica: "Mi dispiace costatare che il significato del verbo cambiare, almeno in politica, spesso non si traduce in azione concreta, ma rimane un anelito a uso delle campagne elettorali. Ieri l?assessore Mario Caligiuri ha siglato le convenzioni di un bando per grandi eventi del 2009 del suo precedente assessore Cersosimo, presentando la circostanza con grande enfasi, senza avvertire il dovere di precisare, anche per coerenza con quanto più volte affermato in merito ai concetti di meritocrazia e rispetto delle eccellenze, che avverso a tale bando è stato presentato ricorso al Tar non solo dal sottoscritto ma, addirittura, da Assomusica, l'associazione nazionale degli organizzatori e produttori di spettacoli dal vivo. Tale bando, infatti, non ha consentito ai principali professionisti del settore di poter partecipare, in contrasto anche con le direttive europee che includono imprese e loro consorzi tra i possibili proponenti di progetti. Il quadro degli eventi estivi finanziati da tale assessorato paradossalmente, quindi, non comprende alcune delle manifestazioni principali e di maggior prestigio realizzate sul territorio calabrese, ledendo coloro che continuativamente e professionalmente dedicano sacrifici, risorse ed impegno, con la loro attività ultraventennale, alla ideazione e produzione di eventi per la promozione e la valorizzazione della Cultura e della Calabria. La logica di tale bando è, peraltro, in contraddizione con il documento che lo stesso assessore, nell'altra sua qualità di Presidente della Commissione Cultura della Conferenza Stato-Regioni, ha inviato ad Assomusica, con cui le regioni si impegnano a riconoscere i principali professionisti del settore come naturali interlocutori dell'azione di progettazione e realizzazione di grandi eventi. Purtroppo, mi tocca registrare come l'assessore abbia avallato, senza ritenere di dovere spendere alcuna precisazione rispetto all?operato del suo predecessore, un bando in chiaro contrasto con la stessa logica politica alla quale appartiene. Da lui, mi sarei atteso una presa di distanze netta rispetto a chi, in passato, ha alterato le logiche del mercato, della libera competitività, del rispetto delle capacità e delle storie professionali, legittimando un bando frutto di una vecchia politica clientelare. Cambiare davvero, dovrebbe essere, secondo me, sapersi realmente affrancare dal passato che ha umiliato i professionisti e le eccellenze di questa terra, proponendo modelli amministrativi capaci di esaltarne, invece, la qualità, la professionalità, la reale e, non occasionale, produttività, a vantaggio dell'intera collettività e del miglior investimento delle risorse pubbliche ma, evidentemente, in Calabria tra il dire e il fare continua a esserci di mezzo un mare colmabile solo a parole."
A proposito dei fondi pubblici per la Cultura e lo Spettacolo (23.03.2011)
"Il tema della cultura in Italia non può essere affrontato condizionati da pregiudizi di natura politica, ma entrando nel merito dei reali problemi. Difendere la cultura non deve tradursi nella difesa degli sprechi e di consolidati meccanismi di clientela e parassitismo. La musica popolare italiana, ad esempio, rivendica il suo ruolo di grande importanza nella formazione dei giovani e nella capacità di produrre cultura a livelli altissimi di professionalità e competività, pur essendo da sempre esclusa da fus e da qualsiasi contributo da parte degli assessorati alla cultura che, anacronisticamente ed ideologicamente, escludono le sue imprese da qualsiasi bando, bollandole come soggetti a fine di lucro. Un´adesione di principio a qualsiasi mobilitazione, presente o futura, non può, pertanto, prescindere dal sottolineare la necessità di evidenziare sprechi e inutili dispersioni di risorse, purtroppo esistenti nel nostro Paese e, soprattutto, l´ingiustificata discriminazione verso generi culturali di grande domanda popolare come il nostro. Penso che sia arrivato il momento di affrontare in modo responsabile questi temi, evitando qualsiasi strumentalizzazione, sanando le crepe esistenti, sotto gli occhi di tutti e premiando chi, col minor contributo di risorse pubbliche, è capace di produrre di più e meglio. Il comparto della musica popolare dal vivo, quello che realizza uno dei prodotti di maggiore interesse per i giovani e la collettività, cioè i concerti rock, pop, d´autore, ecc., ingiustificatamente genere ritenuto meno colto rispetto ad altri, è stato da sempre discriminato nella partecipazione alla suddivisione di fondi pubblici, come se in realtà la musica popolare non appartenesse al mondo della cultura. Partecipare al dibattito a sostegno di qualsiasi tema sulla cultura è, da parte nostra, un atto dovuto, ma con l´occasione, secondo me, non si può rinunciare ad evidenziare il cattivo utilizzo di danaro pubblico, troppo spesso elargito ad associazioni culturali dilettantistiche, nate non poche volte col solo scopo di godere di privilegi e contributi. La musica popolare, quella che muove milioni di spettatori e di giovani, chiede, proprio oggi che si sono accesi i riflettori dei media, più attenzione e rispetto, schierandosi a fianco di chi opera correttamente nella cultura, pretendendo, però, la giusta considerazione e le adeguate risposte alla necessità di non vedersi tagliata fuori da tutti i meccanismi di sostegno, finanziari e fiscali, utili a questo comparto allo stesso modo che agli altri."
Il Premier playboy e l´era mediatica (04.11.2010)
Nell'era della comunicazione, si sa, tante cose cambiano. Si modificano in fretta abitudini, stili, orientamenti, convinzioni e fedi. I processi non si tengono più nei tribunali ma nei talk show, i magistrati scendono in politica, gli anchorman televisivi emanano le sentenze, i giornalisti fanno cabaret con tanto di biglietto, i comici fondano partiti! Sono cambiati modi, metodi, procedure. Le testimonianze in una caserma vengono registrate e trasmesse in mondovisione, i Ris di Parma cercano le impronte nei plastici di Bruno Vespa, zio Michele si costituisce a "C'è posta per te". E, se non si superano gli esami di "Porta a Porta" o "Anno Zero", a nulla contano anche le sentenze della Cassazione. I colpevoli li stabiliscono Travaglio e Crepet! E potremmo continuare con un lungo elenco di regole e ruoli, anche antichi, rivisti e reinterpretati in base alle leggi del Grande Fratello e del Truman Show. Nell'era della comunicazione cambiano anche i martiri e i modi per diventare santi. Non c'è più bisogno di morire crocifissi o lapidati. Come negare un posto da beato a Belpietro e Sallusti che nell'angoletto di Santoro fanno più pena di Sakineh? Come negarlo a Lupi che ospite di Ballarò, alle prese con le tette di Ruby, ha commosso persino la De Filippi, normalmente incapace a provare emozioni? Dopo le varie ere glaciali che hanno trasformato il nostro pianeta in una palla di neve, ora siamo in piena era mediatica, quella che trasforma i pianeti in bolle di sapone! Se in quelle passate sono scomparse specie animali e forme vegetali, in questa, anche secondo Pupo e i tronisti di "Uomini e Donne", rischia di sparire addirittura la democrazia. Siamo ancora convinti che, oggi, un golpe consista in un tentativo violento di cambiare un governo? A giudicare da quanto sta accadendo in Italia, forse c'è anche da rivedere il significato di questo termine. In base al Vangelo di Tonino da Montenero di Bisaccia e dei suoi seguaci, chi perde le elezioni deve fare le leggi, mentre chi le vince deve essere immediatamente mandato a casa. Come? Certamente non c'è più bisogno di carri armati e militari, sono sufficienti tribunali e giornali. Tra i metodi più efficaci c'è quello "Corona", dal nome del noto scienziato che lo ha inventato. Basta nascondersi nell'armadio della camera da letto, registrare o fotografare, passare la notizia a Ruotolo, Floris, Mauro o Padellaro e avviare i temi del giorno. Politica? No, neanche a pensarci, possibilmente sesso, vero, presunto, o solo teorizzato, per centrare lo scopo: cambiare un Presidente del Consiglio o un governo! In questo momento, con un premier playboy di settantacinque anni, basta e avanza. Lo confermano anche i sondaggi di Mannheimer e Pagnoncelli! I fatti reali, i problemi della gente, le storie quotidiane della politica, futuro e progetti, vengono sostituiti dall'analisi scientifica di abitudini private e, un tempo, personali, col benestare del Garante della Privacy che, spesso in tv, rincara la dose. Così, ci troviamo davanti a improbabili discussioni di sesso tra Rosy Bindi e Buttiglione, lezioni di morale di Fini e Casini, entrambi divorziati e risposati, interrogatori di Giletti a "Domenica In", alla ricerca di giarrettiere e perizoma abbandonati ad Arcore. Un tempo per ribaltare il voto della gente bisognava avere visioni, progettare, fare politica, proporre alternative, convincere e, in ogni caso, votare. Oggi basta spiare a casa del premier e il cambio è fatto. Vendola e i pacifisti diranno che, tutto sommato, è meglio così, ma non tutti sono d'accordo. Non so se è vero, o è un incubo, ma anche Gigi Marzullo da tre notti si è fissato sulla stessa domanda: "Siamo sicuri che, insieme alla democrazia, non stiamo pure perdendo il senso autentico della liberta e della vita?".
"Quando la politica sostituisce gli operatori" (dal Giornale dello Spettacolo del 25 ottobre 2010)
La cultura è certamente la via principale per la formazione dei giovani, la crescita di una comunità, l'affrancamento da mentalità retrograde, l?affermazione della legalità e di ogni dinamica alla base della convivenza sociale e civile. La cultura, però, non è solo nozioni, erudizione, intellettualismo, acquisizione mnemonica di dati e contenuti, ma, innanzitutto, capacità di creare occasioni per stare insieme, aggregare, promuovere gioia e passioni, condividere valori, indirizzare verso le positività della vita e dei suoi più profondi significati, indurre al bene, al senso di solidarietà e di partecipazione attiva al miglioramento della collettività. La cultura, proprio per questo suo fondamentale compito educativo e formativo, oggi non può prescindere dai grandi eventi di spettacolo dal vivo, quelli capaci di mettere insieme intere famiglie, diverse generazioni, unendole nel segno della pace, del divertimento e dei più elevati valori umani e artistici. La Calabria nel settore dell'ideazione, progettazione, organizzazione e produzioni di grandi eventi di spettacolo, spesso connessi direttamente, e non solo per il richiamato valore implicito, a scopi socio-umanitari, a motivi turistico-promozionali, alla valorizzazione del territorio e all?ispessimento dell'immagine, è oggi tra le principali realtà italiane. Paradossalmente, però, coloro che sono stati artefici di questa Calabria brillante nella promozione di grandi eventi culturali, investendo sacrifici e proprie risorse, inserendosi con capacità, creatività, professionalità e affidabilità, ai livelli più rappresentativi in campo nazionale e internazionale, sono costretti spesso ad assistere alle distorsioni che, una certa politica, ha introdotto anche in questo settore. Dopo anni di indifferenza e assenza, la politica è arrivata, alterando il più delle volte equilibri di mercato, sostituendosi ai professionisti di settore, privilegiando meccanismi di pura clientela.
Così, piuttosto che sostenere un comparto produttivo, capace di offrire oltre al prodotto culturale, anche occupazione e reddito, impiegando e costruendo nuove professionalità, in un settore ambitissimo da giovani diplomati e laureati, la politica e la pubblica amministrazione intervongono talvolta a gamba tesa, diventando, piuttosto che un partner naturale, un concorrente sleale. Con fondi pubblici, alcuni assessori o dirigenti, direttori artistici, responsabili di dipartimenti, piuttosto che esercitare correttamente il proprio ruolo, si improvvisano organizzatori e produttori, gareggiando con i professionisti del settore, che si vedono, spesso, a dover competere con loro per l'aggiudicazione o l'organizzazione di uno spettacolo. E, come se non bastasse, spesso, dai bandi pubblici si estromettono i professionisti per privilegiare Enti, fondazioni o associazioni dilettantistiche e amatoriali, vere società truccate aventi lo scopo di godere di privilegi e approvvigionarsi con facilità di danaro pubblico. E' evidente che tutto ciò è molto grave. Il compito di assessori e dirigenti, direttori e funzionari, non è quello di impoverire un comparto produttivo, sostituendosi ai professionisti locali di un settore, disponendo di danaro pubblico, ma interagire, creare sinergie, rafforzare quei soggetti capaci negli anni di produrre sul territorio continuativamente e non occasionalmente. E' troppo facile, senza rischiare soldi propri, ma addirittura con lauti corrispettivi, organizzare eventi con consistenti budget della collettività, spesso in luoghi con limitate capienze o per pochi intimi! Il gioco è bello se le regole sono uguali per tutti, ma se una struttura privata ci impiega sue risorse e il suo rischio, è evidente che il concorrente non può essere un direttore artistico ben pagato o il dirigente di un assessorato. E' il momento che si fermi questo meccanismo perverso, inesistente in altri settori, che non produce risparmi, ma spesso sprechi, in quanto l'organizzazione di un evento non si giudica solo da un titolo in cartellone, ma dalla capacità di realizzarlo nel modo migliore, nel luogo più idoneo possibile e, se c'è danaro pubblico, per il maggior numero di cittadini. Si può affidare un intervento al cuore a un infermiere, un barelliere o un agronomo? Immagino che ci vorrebbe un chirurgo ed anche molto specializzato! Ebbene, l' Assessorato alla Cultura della Regione Calabria ha pensato bene, lo scorso anno, di emanare un bando per Grandi Eventi, escludendo però i "chirurghi specializzati" del settore. "Vogliamo professionalità, esperienza, qualità, ecc. ecc." Hanno scritto così, ma poi hanno consentito che partecipassero solo associazioni, fondazioni ed Enti, cioè dilettanti e pubblici amministratori. Assomusica, l'associazione nazionale degli organizzatori e dei produttori di spettacoli musicali dal vivo, è ricorsa al Tar! Anche questo succede in Calabria, in una regione, dove gli apparati della burocrazia hanno, in alcuni casi, preso il sopravvento sulla stessa politica, dove alcuni assessori contano meno dei loro dirigenti, dove i politici fanno chiacchiere e i loro funzionari, negli assessorati, decidono davvero linee e strategie. Ad una parte della politica calabrese, Enti piccoli e grandi, ricordo che, come in tutti i settori, anche in questo esistono i professionisti, in Italia racchiusi in Assomusica, l'associazione che mette insieme le principali imprese esistenti su tutto il territorio nazionale e copre oltre l'ottanta percento del fatturato legato alle rappresentazioni di musica popolare contemporanea. Si scoprirà che ce ne sono anche calabresi, in linea con i massimi criteri di affidabilità richiesti!
Dalla nostra costituzione, esercitiamo una costante attività di sensibilizzazione per l'approvazione di una Legge che sancisca il valore culturale, sociale e civile della Musica in tutte le sue forme ed espressioni. Da anni, ci battiamo affinché il Parlamento e il Governo Italiano diano più attenzione al nostro settore. In particolare crediamo che, anche attraverso l?utilizzo di adeguati strumenti promozionali in Italia ed all?estero e il finanziamento di iniziative di ricerca, incentivazione e valorizzazione di nuovi talenti, nonché la formazione di nuove figure professionali legate alla nostra attività, possiamo contribuire alla crescita del Paese, oltre che sotto il profilo formativo e culturale, anche sotto quello occupazionale. Ritengo importante sottolineare che Assomusica si è dotata di un codice etico e di un documento "Regole e ruoli per lo spettacolo dal vivo in Italia", unici in Europa. In essi vengono stabilite norme di comportamento volte a promuovere standard di qualità e di serietà deontologica di tutta la categoria nei confronti del pubblico, degli artisti, della pubblica opinione, del legislatore e delle istituzioni. Infine, ci tengo a ribadire che gli associati Assomusica, con la loro professionalità ed esperienza, garantiscono la tutela del pubblico e il corretto svolgimento di uno spettacolo o di qualsiasi evento culturale, ottemperando con serietà e scrupolo a tutte le normative in materia. Anche gli Enti calabresi devono cominciare a riconoscere nel registro degli associati Assomusica di questa regione i professionisti per l'organizzazione di concerti e spettacoli dal vivo, allo scopo di concentrare le risorse, ottimizzare la produzione, tutelare e garantire i cittadini sotto ogni aspetto legato all'organizzazione di tali eventi (sicurezza, affidabilità, capacità ed efficienza organizzativa, qualità, costi, professionalità, rispetto di norme e regole vigenti sul territorio, produzione culturale, ecc.). Ed in ogni caso, devono impegnarsi a non escludere le Imprese professionali da qualsiasi bando emanato nel campo della produzione e organizzazione di eventi culturali e di spettacolo, a vantaggio di operatori occasionali o associazioni, riconoscendo il valore culturale, aggregativo, formativo, promozionale e occupazionale di tali attività. E' arrivato il momento, anche qui, di eliminare in qualsiasi atto o documento, la definizione di "attività a fine di lucro" come clausola ad escludendum, in riferimento all'attività degli operatori e delle Imprese professionali dello spettacolo dal vivo italiano, riconoscendo nella professionalità di tali imprese il valore necessario per la crescita culturale economica e sociale di questa, già sufficientemente povera, regione. Per fortuna, esistono anche buoni modelli, come quello che Wanda Ferro, ad esempio, ha saputo mettere in pratica sia da assessore comunale, che da Presidente della Provincia di Catanzaro, ma rimane uno dei pochi esempi in Calabria di corretta sinergia tra pubblico e privato nel campo della Cultura. La cultura è certamente la via principale per la formazione dei giovani, la crescita di una comunità, l'affrancamento da mentalità retrograde, l'affermazione della legalità e di ogni dinamica alla base della convivenza sociale e civile. La cultura, però, non è solo nozioni, erudizione, intellettualismo, acquisizione mnemonica di dati e contenuti, ma, innanzitutto, capacità di creare occasioni per stare insieme, aggregare, promuovere gioia e passioni, condividere valori, indirizzare verso le positività della vita e dei suoi più profondi significati, indurre al bene, al senso di solidarietà e di partecipazione attiva al miglioramento della collettività. La cultura, proprio per questo suo fondamentale compito educativo e formativo, oggi non può prescindere dai grandi eventi di spettacolo dal vivo, quelli capaci di mettere insieme intere famiglie, diverse generazioni, unendole nel segno della pace, del divertimento e dei più elevati valori umani e artistici. Lo spettacolo musicale dal vivo, dall'ideazione alla progettazione, produzione e organizzazione di eventi di qualsiasi genere, spesso connesso direttamente, e non solo per il richiamato valore implicito, a scopi socio-umanitari, a motivi turistico-promozionali, alla valorizzazione del territorio e all'ispessimento dell'immagine, è una grande realtà produttiva italiana.
Paradossalmente, però, coloro che sono artefici di questa Italia brillante nella promozione di grandi eventi culturali, investendo sacrifici e proprie risorse, inserendosi con capacità, creatività, professionalità e affidabilità, ai livelli più rappresentativi anche in campo internazionale, sono costretti spesso ad assistere alle distorsioni che, una certa politica, ha introdotto anche in questo contesto. Dopo anni di indifferenza e assenza, la politica è arrivata, alterando il più delle volte equilibri di mercato, sostituendosi ai professionisti, privilegiando meccanismi di pura clientela, discrimandoli ed escludendoli immotivatamente anche dal Fus. Così, piuttosto che sostenere un comparto produttivo capace di offrire, oltre al prodotto culturale, anche occupazione e reddito, impiegando e costruendo nuove professionalità in un campo ambitissimo da giovani diplomati e laureati, la politica e la pubblica amministrazione intervongono talvolta a gamba tesa, diventando, piuttosto che un partner naturale, un concorrente sleale. Con fondi pubblici, alcuni assessori o dirigenti, responsabili di dipartimenti, direttori artistici di Enti e Fondazioni, per la maggior parte politici riciclati in base alla logica delle poltrone, piuttosto che esercitare correttamente il proprio ruolo, si improvvisano organizzatori e produttori, bypassando promoter e organizzatori locali professionali. E, come se non bastasse, spesso tali professionisti vengono anche esclusi dai bandi pubblici, per privilegiare Enti, fondazioni o associazioni dilettantistiche e amatoriali, vere società truccate aventi lo scopo di godere di privilegi e approvvigionarsi con facilità di danaro pubblico. E' evidente che tutto ciò debba essere corretto. Il compito di assessori e dirigenti, direttori e funzionari, non è quello di impoverire un comparto produttivo, sostituendosi ai professionisti locali, ma interagire, creare sinergie, rafforzare quei soggetti capaci negli anni di produrre sul territorio continuativamente e non occasionalmente. E' il momento che si rifletta su questi meccanismi, inesistente in altri ambiti, che non producono risparmi, ma spesso sprechi, in quanto l'organizzazione di un evento non si giudica solo da un titolo in cartellone, ma dalla capacità di realizzarlo nel modo migliore, nel luogo più idoneo possibile e, se c'è danaro pubblico, per il maggior numero di cittadini, in condizioni di comfort e sicurezza. Si può affidare un intervento al cuore a un infermiere o un agronomo? Immagino che ci vorrebbe un chirurgo ed anche specializzato! Ebbene, l' Assessorato alla Cultura della Regione Calabria, ad esempio, ha pensato bene, lo scorso anno, di emanare un bando per Grandi Eventi escludendo gli specialisti della materia. "Vogliamo professionalità, esperienza, qualità, ecc. ecc.", hanno scritto così, ma poi hanno consentito che partecipassero solo associazioni, fondazioni ed Enti, cioè dilettanti e pubblici amministratori. Assomusica, l'associazione nazionale degli organizzatori e dei produttori di spettacoli musicali dal vivo, è ricorsa al Tar! Anche questo succede in regioni dove gli apparati della burocrazia hanno, in alcuni casi, preso il sopravvento sulla stessa politica, dove alcuni assessori contano meno dei loro dirigenti, dove i politici fanno chiacchiere e i loro funzionari, negli assessorati, decidono davvero linee e strategie. Ad una parte della politica, Enti piccoli e grandi, va ricordato che, come in tutti i settori, anche in questo esistono i professionisti, in Italia racchiusi in Assomusica, l?associazione che mette insieme le principali imprese esistenti su tutto il territorio nazionale e copre oltre l'ottanta percento del fatturato legato alle rappresentazioni di musica popolare contemporanea. Professionisti in linea con i massimi criteri di affidabilità richiesti dai milioni di spettattori, ai quali dedichiamo il nostro lavoro e offriamo le emozioni dei loro artisti più amati! Dalla nostra costituzione, esercitiamo una costante attività di sensibilizzazione per l'approvazione di una Legge che sancisca il valore culturale, sociale e civile della Musica in tutte le sue forme ed espressioni. Da anni, ci battiamo affinché il Parlamento e il Governo Italiano diano più attenzione al nostro settore. In particolare crediamo che, anche attraverso l'utilizzo di adeguati strumenti promozionali in Italia ed all'estero e il finanziamento di iniziative di ricerca, incentivazione e valorizzazione di nuovi talenti, nonché la formazione di nuove figure professionali legate alla nostra attività, possiamo contribuire alla crescita del Paese, oltre che sotto il profilo formativo e culturale, anche sotto quello occupazionale. Ritengo importante sottolineare che Assomusica si è dotata di un codice etico e di un documento "Regole e ruoli per lo spettacolo dal vivo in Italia", unici in Europa. In essi vengono stabilite norme di comportamento volte a promuovere standard di qualità e di serietà deontologica di tutta la categoria nei confronti del pubblico, degli artisti, della pubblica opinione, del legislatore e delle istituzioni. Infine, ci teniamo a ribadire che gli associati Assomusica, con la loro professionalità ed esperienza, garantiscono la tutela del pubblico e il corretto svolgimento di uno spettacolo o di qualsiasi evento culturale, ottemperando con serietà e scrupolo a tutte le normative in materia. Tutti gli Enti devono cominciare a riconoscere nel registro degli associati Assomusica di ciascuna regione i professionisti per l'organizzazione di concerti e spettacoli dal vivo, allo scopo di concentrare le risorse, ottimizzare la produzione, tutelare e garantire i cittadini sotto ogni aspetto legato all?organizzazione di tali eventi (sicurezza, affidabilità, capacità ed efficienza organizzativa, qualità, costi, professionalità, rispetto di norme e regole vigenti sul territorio, produzione culturale, ecc.). E´ necessario l´impegno a non escludere le Imprese professionali da qualsiasi bando emanato nel campo della produzione e organizzazione di eventi culturali e di spettacolo, a vantaggio di operatori occasionali o associazioni, eliminando in qualsiasi ragionamento, atto o documento, la definizione anacronistica di "attività a fine di lucro" come clausola ad escludendum, riconoscendo il valore culturale, aggregativo, formativo, promozionale e occupazionale di tali attività e, nella professionalità di tali imprese, il valore necessario per un fondamentale contributo alla crescita culturale, economica e sociale dell´intero Paese.
Commento al progetto culturale dell´Assessore alla Cultura del Comune di Lamezia Terme, Tano Grasso
Illustre Assessore Dott. Tano Grasso, ho letto il suo ?Progetto Culturale per la Città di Lamezia Terme? ed ho provato un sentimento di mortificazione, sia da semplice cittadino, sempre impegnato in molteplici direzioni, compresa quella della battaglia per la legalità e la lotta alla criminalità, che da operatore professionale nel campo della ideazione e produzione di progetti culturali di qualsiasi genere, tra l?altro dirigente nazionale della maggiore associazione di categoria. Lei inizia il documento scrivendo testualmente ?Lamezia ha una straordinaria vocazione produttiva frustrata, però, dalla presenza dei condizionamenti mafiosi?. Avrei avuto voglia di fermarmi qui, ma non l?ho fatto. Mi sarei perso passaggi interessanti, idee condivisibili, l´esperienza forte di chi ha fatto battaglie coraggiose e importanti. Soprattutto, visto che questi suoi aspetti già li conoscevo, non avrei avuto conferma di una sua visione molto condizionata e limitata di un vero progetto culturale. Non si può essere assessori a tema o, meglio, monotematici. Se avessimo dato lo stesso incarico a Licia Colò, sono certo che avrebbe fatto la stessa cosa, fissando tutto sull´ambiente. E´ naturale che lei abbia questo tipo di visione della realtà ma, mi dispiace dirlo, in questo suo documento appare come una fissazione anche a chi, come me, certe problematiche le ha vissute sulla sua pelle. Innanzitutto, un esordio più obiettivo sarebbe stato: "Lamezia ha una straordinaria vocazione produttiva, frustrata e condizionata, però, da anni e anni di malapolitica e, come tutte le realtà del Meridione e, oggi, di molte altre del resto d´Italia, attenzionata dalla criminalità". Ecco, se proprio ci fosse stato bisogno di un´ apertura shock, avrebbe potuto usarne una, comunque, più corretta verso la Città e i suoi cittadini. In realtà, non c´era proprio bisogno di cominciare come lei ha fatto, spinto dalla scarsa conoscenza di questa realtà e, soprattutto, dal dover fare a tutti i costi il suo mestiere. Ho letto un compitino ben scritto, con riflessioni certamente fondamentali nei processi di educazione, istruzione e formazione, ma fuori tema. Altra cosa sarebbe stato se lei, come a Napoli, fosse consulente antiracket e antiusura. Assessore alla Cultura, mi perdoni, secondo me è un´altra cosa! Il risultato? Una fotografia di Lamezia di città mafiosa, invivibile, sopraffatta da ´ndrangheta e malaffare. Non parla mai, però, di malapolitica, quella che ha realmente paralizzato sul serio la crescita di questa città. Gli argomenti che lei tocca sono validissimi, importantissimi, ma non si risolvono col Festival della Legalità o con la politica delle chiacchiere. Forse, se si vuole passare dal politichese alla realtà, bisognerebbe discutere di credito bancario al Sud, di sostegno alle imprese, di trasparente distribuzione del danaro pubblico, di corretto utilizzo delle risorse e del territorio, promuovendo ogni attività secondo criteri di onestà, meritocrazia, legalità, reale contributo alla crescita di ogni comparto produttivo. Il lavoro e il benessere, l´affrancamento dalla povertà, dall´usura, dal bisogno, la cultura della legalità, non si producono attraverso associazioni del tempo libero, ma consentendo ai cittadini di lavorare e produrre. Illustre Assessore, la lezioncina andrebbe fatta innanzitutto alla classe politica che, negli anni, ha trasformato la più importante realtà della regione, in un paesino in cui tutto è stato bloccato in nome di fantasmi e congetture. In realtà, i fantasmi non sono mai spariti, ma il tessuto economico di questa città è stato distrutto. Impresa, edilizia, commercio, tutto quello che è benessere, qui hanno trovato tre ostacoli insormontabili: burocrazia, banche, assenza di strumenti regolatori. Assessore, da Lei ci si aspetta concretezza e chiarezza, non indicazioni su caffè letterari o festival del buon cuore. Qualcuno le ha detto che mancano idee o laboratori? In questo settore Lamezia è tra le più vive, creative e produttive realtà italiane, stimata dappertutto. Da Lei mi sarei aspettato che, anche qui a Lamezia, facesse il suo lavoro, nel giusto ruolo e non quello di chi ha dato la propria vita per creare dignità e occupazione per sè e tanti giovani, per parlare di cultura quando nessuno ne parlava, per parlare di legalità quando era un tabù. Leggendo il Suo documento sono tornato indietro di anni, a quando ero studente del movimento di Azione Cattolica. Da un lato, le chiacchiere di una certa politica e, dall´altra, noi ragazzi che volevamo impegnarci sul serio. Illustre Assessore, ricordandomi della mia leucemia e delle tante donazioni di sangue, piastrine, midollo, che mi hanno aiutato a superarla, in un mio libro dedicato alla lotta alla criminalità, ho scritto: "col contributo di tutti si può battere ogni tipo di cancro". Ognuno, però, deve darlo per quello che ha, che può dare, che gli compete e realmente può servire, non contribuendo ad alimentare confusione e frustrazione. Come lei ha subito colto, di queste due cose, a Lamezia, non ce n´è bisogno.
Commento a Sanremo 2010
Antonella Clerici, malgrado scarpe e ciccia alla Bridget Jones, è riuscita a incollare gli italiani al piccolo schermo per una settimana. Una vera prova del fuoco brillantemente superata con semplicità e simpatia che, però, s'è scotta proprio alla fine. Malika Ayane, vera vincitrice morale come si dice in questi casi, s'è dovuta accontentare del Premio Mia Martini. Ad aggiudicarsi il sessantesimo Sanremo, invece, è stato Valerio Scanu, un giovane cantante per strana coincidenza nato a La Maddalena. Certamente non faceva parte del cast della festa megagalattica organizzata per Bertolaso, ma la sua vittoria è comunque, per chi ama la musica, abbastanza inquietante. Anche al Festival, evidentemente, oramai esiste una vera famiglia, quella di Maria De Filippi e Maurizio Costanzo. Qualcuno direbbe una nuova "cosa loro", in formato talent show ed mp3. Dopo Marco Carta, ora è toccato a Scanu e Amici fa il bis. Sanremo è sempre Sanremo o è diventato la vera finalissima del programma di Canale 5? Niente intercettazioni, niente scandalo, qui niente escort, ma gli orchestrali di Sanremo, gente che di musica ne capisce, si sono infuriati. Non c'è bisogno di Di Pietro, Santoro o telefonate alla Totò e Peppino, per avere la consapevolezza che a Sanremo, lo show dei record, due cose non funzionino: il televoto e la scelta dei big. Cominciamo dal secondo argomento. Può essere chiamato big un ragazzo con un anno di modesta carriera, noto soltanto ai De Filippi dipendenti incollati alla tv notte e giorno? Non c'è alcun dubbio: Valeriuccio doveva stare nella categoria dei giovani, in attesa che big lo diventasse con i fatti e non con gli omogeneizzati super vitaminici di "mamma e papà", buoni a fargli crescere a dismisura consensi e capelli. Stesso discorso varrebbe per Mengoni, bravissimo big del futuro. E per il Principe? Sarà big di famiglia ma, musicalmente, si è cimentato col suo primo terzo di canzone. Neanche una tutta intera! A proposito di Filiberto, invece di cantare dovrebbe studiarsi l?intervento della regina di Giordania. Se il nostro principe vuole esserlo nei fatti, portando lustro alla sua amata Italia, canticchi radendosi e torni a Sanremo con altri piglio, stile e migliori intenzioni. E che dire del televoto? Chiaramente è coerente a stesso e premia teleprodotti. Non potrebbe essere altrimenti e, non a caso, i primi tre della classifica sono signori che hanno imperversato in tv. Due di loro, finanche eliminati dalle giurie e, poi, telesalvati! In questo contesto, avrebbe fatto bella figura anche Morgan, perfetta mutazione genetica di cantante in animale televisivo. Dopo Carta ora Scanu. Sanremo è ancora Sanremo o è diventato Santa Maria? A Travaglio lanciamo una pulce nell?orecchio. Possibile che Gian Piero Scanu, ex sottosegretario alle Riforme e all'Innovazione, ne abbia modificato il regolamento per favorire il suo conterraneo e, forse, lontano parente? In attesa delle sue ricerche, cominciamo a sperare che, per la prossima edizione, non inseriscano tra i big i tronisti di Uomini e Donne. Potremmo ritrovarci in gara anche Silvio e Apicella!
Il cuore dei calabresi, una virtù andata in fumo... (dal Quotidiano del 13.01.2010)
In poche ore è andata in fumo la nostra principale virtù! Del fatto che i calabresi avessero un cuore grande, abbiamo riempito tutto il mondo anche a suon di spot costati milioni di euro. La faccia convincente di Gattuso con la mano sul petto, le foto dei ragazzi di Reggio con gli slogan geniali di Toscani, la cura maniacale per i muscoli dei Bronzi di Riace, ci hanno fatto conoscere come la razza più generosa, accogliente e ospitale della specie umana. Veri maniaci della cordialità e dell'espansività, non risparmiate neanche a statue, pesci e sculture. No al Ponte per evitare l'esaurimento nervoso a tonni e delfini, sì ai lavori dell'autostrada a ritmi ecosostenibili, in segno di rispetto alla natura e alle sue creature. Ambiente, paesaggio, cinema e musica, fiction e superfiction. Da Mino Reitano a Tony Vilar, cantando amore e passione da Fiumara a Buenos Aires. I calabresi hanno un cuore grande! Lo avevano capito perfino gli Obama, dopo aver ricevuto quintali di olive carolee a Natale. Cipolla rossa, tonno, 'nduja, fileja e soppressata per tutti, pure a colazione e merenda. Le ricette di Musumeci al Tg3 hanno fatto il giro dei cinque continenti. E poi, in uno stretto lembo di terra baciato da Dio, tutt'insieme: mare, montagna, laghi, cascate, fiumi e ruscelli, terme e zampilli, Miss Italia, la moglie di Briatore, la fidanzata di Carlo Conti e le donne più belle! Un vero paradiso terrestre, pieno di meraviglie e golosità, capace di richiamare turisti e visitatori, artisti e poeti, navigatori e scafisti. Neppure le offese di Venditti e le invenzioni delle navi dei veleni erano riuscite a scalfire l?immagine nobile di questa terra, forte e vigorosa, ma allo stesso tempo prodiga, disponibile e calorosa. "Venite in Calabria, venite, venite? Qui si sta meglio che nel regno dei cieli? Venite nella perla del Mediterraneo!", lo abbiamo gridato in tutti i modi e sono arrivati davvero, soprattutto africani. Sono arrivati in migliaia dal Ghana, dal Congo, dalla Somalia. Che la pubblicità sortisse questo effetto soprattutto in Africa, non lo aveva previsto nessuno. "E ora dove li mettiamo?" si è chiesto preoccupato l'assessore Guagliardi, ancora alle prese con quelli arrivati cinquecento anni fa dall'Albania. "Non ci aspettavamo questo clamoroso successo delle nostre campagne promozionali!", ha commentato soddisfatto Agazio. Integrazione e tolleranza, civiltà e convivenza, accoglienza, parole che i calabresi conoscono bene, spesso ragione di vita. Gli africani ci hanno creduto e non si sono persi d?animo, adattandosi in baracche, tuguri, catapecchie, stagni e acquitrini, ricompensati da affetto e calore, le due cose che qui non mancano mai. Una storia bella, unica, commovente, quasi una favola moderna che, però, alla fine si è rotta tra spari e feriti. Per la Calabria, un vero colpo al cuore! "Saremo la perla del mediterraneo, ma a malapena riusciamo a camparci noi!", ha commentato qualcuno a Rosarno. Tutta colpa dei calabresi? A sentire fior di intellettuali e buonisti, sembrerebbe di sì. Eppure basterebbero i numeri per smentirli. Tremila immigrati su di una popolazione di quindicimila abitanti. I redditi più bassi del Paese. Una storia di cui nessuno si è mai accorto, come se tutto ciò non accadesse davvero, non a Bergamo o Brescia, ma in una città povera della regione più povera. Gente che ha dato ciò che ha potuto, senza badare alla provenienza o al colore della pelle. Povertà e miseria, tra miseri di pelle diversa. Una miscela esplosiva che alla prima scintilla è saltata. Improvvisamente Gattuso e il suo popolo hanno perso fama e cuore da spot, ma non la consapevolezza di essere oltre la periferia, in un angolo d?inferno buono per la solita cronaca riservata ai demoni. Persino Feltri accusa i calabresi di razzismo, invitandoli a sparare alla 'ndrangheta e non agli immigrati. Ha ragione nell?indicare il bersaglio, ma forse confonde i ruoli, la differenza tra cittadini e Stato. Chi ha sparato agli immigrati, avrebbe potuto sparare a se stesso?
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